Palermo, le misure<br >di promozione (affari)

Lo scandalo dell’amministrazione dei beni confiscati agli “indiziati di essere mafiosi” (così dice la legge) si spande a Palermo a macchia d’olio. Non si tratta solo della dott.ssa Saguto, presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale. Sono indagati altri magistrati ed un Pubblico ministero. Chi se ne intende lascia capire che un altro filone, destinato a coinvolgere un personaggio che sta molto in alto, potrebbe (e dovrebbe) scoppiare da un momento all’altro. A questo punto non è più lo scandalo dell’“amministrazione dei beni sequestrati”.

È lo scandalo delle stesse “misure di prevenzione”, quelle della legge che consente di confiscare patrimoni in base a “presunzioni” in danno di persone “indiziate di essere mafiose”, conferendo ai magistrati poteri discrezionali enormi, che mettono in discussione ed in crisi tutta l’economia e tutto il sistema del credito (e delle relative garanzie). E poi il fatto che, guarda caso, a Palermo, dove oggi si scopre la magagna degli affaronissimi degli amministratori “di famiglia” dei patrimoni e delle aziende sequestrati o confiscati, è la fetta di gran lunga, la più consistente sproporzionalmente di queste confische e di questi beni. Ben quaranta miliardi, a quanto pare. Altro che misure di prevenzione! Si tratta di misure di promozione degli “affari di famiglia”!

Tante volte abbiamo scritto dell’incidenza di questa oramai manifesta incertezza delle proprietà e delle disponibilità delle aziende sul credito e su tutta l’economia della Regione più colpita da certi provvedimenti, spesso un po’ disinvolti (lo dicono i sequestri non seguiti da confische e tuttavia distruttivi di patrimoni ed imprese) e che oggi possiamo dire, con qualche maggiore prova di fondatezza, che sono, magari, intensificati e resi più “facili” e pretestuosi per meglio arricchire i mariti, le moglie, i figli, gli amici con parcelle da capogiro per la relativa amministrazione. Mentre a Roma ed altrove c’è chi si straccia le vesti perché Vespa ha osato mostrare “dal vivo” ai telespettatori i “responsabili” di un funerale “di stile mafioso”, emergono gli scandali ed i crimini di un’Antimafia bugiarda, parassita ed imbrogliona che pesa sulla vita di certe regioni, e specialmente della Sicilia, quanto e forse più di quanto possa pesare la mafia. Dopo gli scandali di Crocetta, della Sanità e dei suoi amici, dopo l’emergere (finalmente!) degli affaronissimi dei “munnizzari” e dei “padroni dell’acqua”, dopo i registi “antimafia” sequestratori di persone, ecco che emerge il marcio a Palazzo di Giustizia di Palermo.

Da dove ci erano giunte per mesi le grida di allarme, ma per i “pizzini” scritti in caratteri fenici e per i bidoni dell’agognato attentato che avrebbe dovuto risollevare le sorti del processo allo Stato, reo di “tentativo di subire le minacce ricattatorie della mafia”. Belle “coperture” degli “affari di famiglia” e del disastro economico e politico-amministrativo della Sicilia nelle mani di certi campioni di un’”Antimafia che di più non si può”, con il contorno, magari, di confraternite di baggiani osannanti e protestatari dei vari riti “devozionali”! Basta con questa Antimafia! Lo diciamo soprattutto a quanti queste cose le sanno, ne hanno schifo, ma non ne parlano se non a bassa voce e con giri di parole.

Ma, guarda caso, proprio in concomitanza con le notizie delle prodezze dei rapaci confiscatori-amministratori antimafia di Palermo, sono uscite su un sito internet “organo ufficioso della Procura di Palermo”, come lo definì Ingroia, certe “Note esplicative” di un progetto di legge frutto del sapere giuridico dell’Ingroia stesso, che vuole estendere le misure patrimoniali antimafiose ai “corrotti abituali”. Chi dovrebbe applicarle? La Sezione per le misure di prevenzione! “Charitas incipit a sumset ipso” diceva Sant’Agostino. Già, la carità.

 

(*) GiustiziaGiusta

 

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:24