Olocausto, Rouhani, Ue, Roma e Vaticano

A volte si sente la necessità di ritornare a quando eravamo bambini innocenti e creduloni, quando prendevamo letteralmente ogni parola che sentivamo. Cenerentola era una poverella, ma era buona e bella, e riuscì infatti a sposare un principe, mentre la matrigna e le sorellastre cattive subirono un infausto destino. Il bene era il bene e il male era il male, e la distinzione era ovvia e chiara.

Diventando adulti, abbiamo imparato che il mondo non è un posto in cui il bene viene per forza ricompensato, né il male invariabilmente punito. Siamo arrivati, dolorosamente, a conoscenza degli abissi spaventosi di malvagità in cui può sprofondare l’umanità, e ci siamo accorti che in ogni momento, da qualche parte del mondo, ci sono esseri umani che vengono disprezzati, perseguitati, torturati e assassinati da altri esseri umani. Crescendo, abbiamo appreso che quando cerchiamo di migliorare il mondo, dobbiamo imparare ad utilizzare la machiavellica arte della diplomazia. “Il fine giustifica i mezzi” è un adagio usato da molti; allo stesso tempo, la definizione di “mezzi” varia enormemente, in corrispondenza dello schema morale che viene scelto. Nessun Paese, nessun leader - neanche uno spinto dagli ideali morali più puri - può sfuggire a questo meccanismo. Disse una volta San Giovanni Paolo II che si sarebbe seduto a tavolino pure con il diavolo in persona se questo sarebbe servito ad ottenere la pace.

A quanto pare, l’adagio di Machiavelli è stato applicato anche alle rinnovate relazioni diplomatiche tra l’Iran e l’Italia, l’Unione europea ed il Vaticano. Si scommette sull’Iran come il Paese islamico che può portare pace e prosperità nel Mediterraneo. In una strana visione dell’antico, pragmatico concetto della “Realpolitik”, l’Iran è ormai considerato da molti in grado di “contribuire positivamente alla sicurezza regionale e internazionale” (come ha detto Federica Mogherini, diplomatico italiano e Alto rappresentante Ue per la politica estera); mentre in Vaticano si afferma che l’Iran può “giocare un ruolo importante insieme ad altri paesi della regione, nel promuovere soluzioni politiche ai problemi del Medio Oriente”.

Appena due giorni prima del Giorno della Memoria, il Presidente iraniano Hassan Rouhani è andato in visita ufficiale a Roma e in Vaticano. A seguito di un incontro con il Papa durato 40 minuti, Francesco gli avrebbe detto “E’ stato un vero piacere, io spero per la pace e le auguro un buon lavoro”. Il Presidente iraniano ha risposto: “Preghi per me”. Nel comunicato stampa ufficiale del Vaticano seguito all’incontro di Rouhani con il Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin e l’Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati (noto anche come il “ministro degli Esteri del Vaticano”) si legge: “Durante i cordiali colloqui, si sono evidenziati i valori spirituali comuni e si è poi fatto riferimento al buono stato dei rapporti tra la Santa Sede e la Repubblica Islamica dell’Iran, alla vita della Chiesa nel Paese e all’azione della Santa Sede in favore della promozione della dignità della persona umana e della libertà religiosa. Ci si è poi soffermati sulla conclusione e l’applicazione dell’Accordo sul Nucleare e si è rilevato l’importante ruolo che l’Iran è chiamato a svolgere, insieme ad altri Paesi della Regione, per promuovere adeguate soluzioni politiche alle problematiche che affliggono il Medio Oriente, contrastando la diffusione del terrorismo e il traffico di armi. Al riguardo, è stata ricordata l’importanza del dialogo interreligioso e la responsabilità delle comunità religiose nella promozione della riconciliazione, della tolleranza e della pace”.

Mentre queste parole esprimono senza dubbio genuine intenzioni di altissimo ordine etico, il loro contrasto con la realtà iraniana attuale è ironicamente evidente. L’Iran finanzia la maggior parte delle guerre e del terrorismo dilagante in Medio Oriente, ed è considerato responsabile di attacchi terroristici in altre parti del mondo come ad esempio accade in Argentina, il 18 luglio 1994, quando fu fatto esplodere il principale centro della Comunità Ebraica di Buenos Aires, uccidendo 85 persone. L’Iran tesse le sue trame in Siria, Iraq, Yemen, Libano e oltre, tramite Hezbollah, tramite i Pasdaran iraniani, e via dicendo. I leader religiosi iraniani predicano quotidianamente il loro credo nella rigida applicazione della legge islamica integralista, nella sottomissione e l’eliminazione dei non credenti e – nondimeno – la “sparizione” dello Stato di Israele, come ha affermato di nuovo a settembre Ali Khamenei, Guida Spirituale Suprema della Rivoluzione iraniana. L’attuale leader iraniano Hassan Rouhani, noto come presidente “riformista”, subito dopo la sua elezione meno di 3 anni fa ha presieduto una parata militare in cui si esponeva un lungo striscione con su scritto: “Morte a Israele”.

In Iran si conta la percentuale più alta del mondo di condanne a morte per popolazione: 2.277 esecuzioni da quando il presidente Rouhani è venuto al potere il 14 giugno 2013, cifra in costante aumento, con almeno 980 esecuzioni nel 2015, il 22,5% in più rispetto alle 800 del 2014 e il 42,6% in più rispetto alle 687 del 2013. Le vittime sono gente qualunque, uomini, donne e persino bambini; omosessuali, “adultere”, delinquenti da quattro soldi, seguaci della fede baha’i o fedi al di fuori del monoteismo, atei o semplicemente dissidenti. Vengono frustati, impiccati, lapidati a morte. “Evin” è il nome del famigerato carcere di Teheran dove avvengono le torture, e dove una vena comune di crudeltà permea le “punizioni” inflitte ai prigionieri. Ad esempio, l’articolo 104 del Codice Penale dell’Iran, prevede che in caso di lapidazione “le pietre utilizzate non siano così grandi da provocare la morte con uno o due lanci”, in modo che il processo di morte possa avvenire con maggiore lentezza e maggiore dolore.

Ma l’Iran rappresenta anche nuova ricchezza per centinaia di imprese e imprenditori italiani, che accorrono in massa agli incontri con Rouhani ed i suoi operatori economici, ottenendo così commesse per svariate centinaia di milioni di euro. Il fatto che questi nuovi accordi commerciali fioriranno di pari passo con le costanti, abissali violazioni dei diritti umani, non disturba i loro sonni beati.

L’Olocausto, commemorato l’altro ieri in tutta Europa, è stato definito “il Male Assoluto”: il momento in cui l’ideologia nazista della “Razza Superiore” ha unito i suoi seguaci nello sterminio, metodico e brutale, di sei milioni di loro concittadini e vicini di casa (tra cui intere famiglie - bambini, genitori e nonni), definiti “razza ebraica” – oltre ad omosessuali, zingari, disabili fisici e mentali, e, naturalmente, ai dissidenti civili e religiosi. Sono stati accerchiati e trascinati fuori dalle loro case all’alba come topi, uccisi o deportati a lavorare e morire in stato di abietta schiavitù nelle efficienti fabbriche della morte chiamate campi di concentramento. Non è schizofrenica la giustapposizione delle cerimonie di commemorazione delle vittime dell’Olocausto, che ricorda la sofferenza indescrivibile di milioni di esseri umani ed il solenne giuramento del “Mai Più!”, con il simultaneo corteggiamento del leader di un Paese che ha indetto un concorso internazionale annuale per la migliore vignetta sulla negazione dell’Olocausto?

Sarebbe stato doveroso per i leader italiani accompagnare il presidente Rouhani ad una commemorazione pubblica della Shoah, invece di portarlo a fare il giro turistico del Colosseo come hanno invece fatto. Accolto con tutti gli onori dagli alti rappresentanti dell’Italia e del Vaticano, e dal Papa stesso, gli è stata mostrata una cortesia aggiuntiva, che denota una spaventosa e spregevole predisposizione, da parte dei leader di questo Paese, ad abbandonare le loro libertà e le loro più sacre convinzioni in cambio di vantaggi economici e delle dubbie e indimostrate capacità negoziali dell’Iran per la pace nel Mediterraneo: le statue nude, i capolavori della scultura che adornano le sale comuni e le stanze in cui è stato ricevuto Rouhani, sono state occultate da scatole di tela bianca costruite appositamente per l’occasione, allo scopo di non offendere la vista di un leader islamico, alcuni dei cui correligionari più fanatici, nel frattempo, stanno distruggendo tesori storici dell’arte e dell’architettura di culture e religioni del Mediterraneo antico di valore inestimabile. Né sono state domate le ambizioni nucleari dell’Iran, nonostante sia stato siglato un accordo internazionale volto alla trasparenza, ma non del tutto privo di scappatoie. Le aspirazioni dell’Iran al potere regionale sono legate inevitabilmente al potere economico e nucleare, e le autorità religiose iraniane hanno delineato chiaramente la loro strategia e il loro sogno di realizzare un Impero iraniano Islamico in Medio Oriente, e non solo.

Abbiamo creduto già una volta nell’ottimismo dei Chamberlain, e siamo stati ciechi e sordi alle parole di “Mein Kampf”; ma nelle parole del filosofo spagnolo George Santayana, “coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”. Siamo disposti oggi a rafforzare l’Iran, con le sue ambizioni espansionistiche, facendolo diventare nostro alleato nella “lotta al terrorismo”, mentre sappiamo bene che è l’Iran stesso uno degli sponsor di questo genere di terrorismo? Il bambino in noi potrebbe chiedersi: come possiamo chiudere gli occhi di fronte al male commesso ogni giorno da questo regime? Come può il capo di un governo senza alcun rispetto per i diritti umani e con una dichiarata strategia per ottenere il potere regionale, essere scelto come alleato e mediatore per la pace, e come possiamo pensare che egli non tradirà i nostri preziosi sogni di libertà e uguaglianza per tutti? Può una forza del male essere utilizzata per rovesciane un’altra? E questo è moralmente giustificabile, o perfino possibile?

(*) Lisa Palmieri-Billig è rappresentante in Italia e presso la Santa Sede dell’American Jewish Committee

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:02