Le ultime inchieste, il regime e la “peste”

La senatrice del Partito Democratico Rosaria Capacchione, giornalista di riconosciuto valore per quel che riguarda le inchieste e l’impegno contro il malaffare dei clan della Camorra, dice che il suo partito, in Campania, è “oggetto di un arrembaggio piratesco da parte di affaristi privi di scrupoli e collusi”.

In effetti, il problema, per il Pd c’è tutto: anche perché, senza istruire “processi” (cosa che non ci compete), si tratta comunque di sintomi che il Pd per primo farebbe bene a non prendere sottogamba: il Pd romano, per esempio, da autorevoli suoi esponenti è stato descritto in modo analogo: qualcosa come “comitato d’affari” e “associazione per delinquere”. Espressioni usate dal ministro Marianna Madia, da un “re” del Pd capitolino come Goffredo Bettini; ora l’“affaire” Stefano Graziano, presidente e consigliere regionale del Pd della Campania; ma chissà, a ben scavare (e a voler scavare), si può forse escludere che ben altro possa venir fuori? Vero è che molte inchieste alla fine sono bolle di sapone; buona regola essere cauti, prudenti; ma non ingenui o sprovveduti.

Sì, decisamente il Pd ha di che interrogarsi su quello che è, su come lo è diventato, su quello che vuole essere, su come viene percepito; deve interrogarsi sulla sua stessa essenza e anche su quella che è la sua “forma partito”. Potrebbe utilmente guardarsi attorno, in questo suo interrogarsi e analizzarsi. Magari qualche modello di partito “altro”, con altro tipo di organizzazione capace di far coesistere “unione” e “diversità” si trova e lo trova. Aiuta anche, per dire, sfogliare antiche cronache, leggere, e non limitarsi a 140 caratteri: che so, il bello e lungo dibattito che scaturì alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso tra il segretario del Pci di allora, Palmiro Togliatti, e un giovane radicale, Marco Pannella, dalle colonne del “Paese”. Togliatti era “il migliore”, indiscutibilmente un leader di grande spessore (non si va e si torna, vivi, dall’Urss di Stalin, se non lo si è); Pannella, lui, è ancora un “ragazzo” della covata del “Mondo” e degli “amici” che si stringono attorno a quel settimanale. I due si parlano in modo diretto: uno senza condiscendenza, l’altro senza complessi di inferiorità, si guardano fissi negli occhi, alla pari. È importante quel “duello” che dal “Paese” dilaga su tutti gli altri giornali, e coinvolge una quantità di politici e di intellettuali. Importa soprattutto per le due tesi che si confrontano e scontrano: l’unità delle forze laiche proposta da Togliatti; l’unione laica delle forze, proposta da Pannella. Ecco le parole chiave: “unione” in luogo di “unità”.

“Naturalmente” oggi si preferisce buttarla in caciara, polemiche che non aiutano a fare un solo centimetro in avanti. Piuttosto ci si dovrebbe interrogare di cosa è diventata la politica, e di come la si intende e percepisce; la più generale crisi della democrazia reale in Italia e in questa sempre più espressione geografica che è l’Europa; la crisi delle rappresentanze, i modelli di partecipazione tradizionali che fanno acqua da tutte le parti, e non ci sono modelli alternativi di sufficiente credibilità; gli anticorpi che mancano, antidoti che non sono più in grado di contenere e arginare l’epidemia, la “peste”: quella da tempo evocata dai radicali. La “peste” che troviamo in tanta letteratura: quella di Alessandro Manzoni, di Edgar Allan Poe, di Albert Camus, che a saperle leggere tanto ci dicono e pre/vedono.

In un articolo pubblicato giorni fa sul Corriere della Sera, Clemente Mimun racconta frequentazioni e sensazioni di un suo soggiorno a casa Pannella, malato, forse sofferente, sereno e capace di “visioni” che non ne fanno un profeta o un veggente; piuttosto il vecchio saggio che “sa”, “vede”, “comprende”. E nell’incipit del suo articolo Mimun coglie e trasmette l’analisi che tanti percepiscono ma in modo vago, come risultato di un’inquietudine; e non sanno descrivere. “Hic et nunc, qui e ora. Tutti insieme, finalmente, ce la stiamo facendo. Dai e dai il regime partitocratico sta crollando. È tempo di Stato di diritto, giustizia e legalità. Un popolo di sudditi si trasforma in una moltitudine di cittadini consapevoli e determinati. Una svolta epocale, che si realizza naturalmente, senza violenza, col sorriso, grazie all’impegno di tutti noi. Vince la Politica “per”, la Politica “con”. Ora in alto i calici, brindiamo alla gioia, alle meraviglie della natura, alla bellezza del cielo, a quest’aria fresca che respiriamo”.

La posta in gioco, insomma, è qualcosa di più e d’altro del bla-bla-bla che si sente e si legge in questi giorni. Ma rassegniamoci, è questo bla-bla-bla, questo pio-pio, che ci sarà propinato, ancora a lungo…

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:03