Rifiuti: Regione Lazio   ritorna alle discariche

Trovo paradossale che la Regione Lazio dica no agli impianti, quando siamo in piena emergenza rifiuti, e torni ad un sistema basato sulle discariche. È di questi giorni lo scontro in atto tra Regione e Ama sulla questione dei rifiuti da portare all’estero, circa 160mila tonnellate all’anno, con il presidente Daniele Fortini che si rivolge al ministero dell’Ambiente affinché trovi una soluzione ed eviti l’emergenza. Eppure da tempo l’Europa vieta di portare i rifiuti in giro per il mondo ed è nota la sentenza della Corte di giustizia europea del luglio del 2015 che obbliga gli enti locali a trattare e smaltire i rifiuti nel luogo più vicino a quello dove vengono prodotti. L’emergenza è dimostrata anche dalla recente sentenza del Tar del Lazio, che impone alla Regione di mettere a punto un piano di discariche di servizio dove smaltire gli scarti dei rifiuti trattati negli impianti presenti sul territorio.

Tanto che solo oggi, dopo che Campidoglio e Regione Lazio hanno spiegato in questi anni che non servivano nuove discariche, perché ritenevano di portare i rifiuti all’estero, Nicola Zingaretti dichiara che a Roma urge individuare la discarica di servizio, e Fortini lo ammette a denti stretti. La Regione Lazio ritiene che non servono altri impianti di termovalorizzazione rispetto a quelli esistenti, mentre il Governo Renzi con il recente decreto sblocca impianti, prevede che nel Lazio ci sia bisogno di altri due impianti.

Eppure i dati citati dalla Regione, 3 milioni di rifiuti prodotti e la raccolta differenziata al 32,7 per cento, sono gli stessi pubblicati sul decreto, al quale tra l’altro la Regione ha dato parere favorevole. Il decreto, considerando la raccolta differenziata già al 65 per cento, calcola un fabbisogno di incenerimento pari a 879mila 382 tonnellate all’anno, mentre la capacità complessiva degli impianti attualmente in esercizio o autorizzati (Colleferro, S. Vittore e Malagrotta) sarebbe pari a 665mila 650 tonnellate.

Risulta dunque un deficit di 213mila 652 tonnellate, per questo il decreto prevede oltre all’impianto di Malagrotta anche la costruzione di un quarto impianto. La Regione fa una previsione decennale e tara il piano al 2026, fissa l’asticella della raccolta differenziata addirittura al 75-80 per cento, ben al di là del limite previsto dalla legge del 65 per cento, scommette su una riduzione di rifiuti dell’1% all’anno, prefigurando quindi un inasprimento della crisi economica, e prevede di portare a valorizzazione circa 584mila tonnellate di Crd/Css e di smaltire in discariche di servizio circa 688mila tonnellate di rifiuti trattati.

Nella delibera della giunta regionale sul fabbisogno c’è poi una sopravvalutazione della capacità di valorizzazione dell’impiantistica esistente, calcolando la capacità autorizzata e non quella effettiva, per un valore di circa 700mila 230 tonnellate, mentre il decreto del Governo più realisticamente la fissa in 574mila 480 tonnellate. Una bella differenza e se si scomputa la linea di Malagrotta, costruita ma non ancora in esercizio, si scende ancora di più. Questo perché la Regione ha come obiettivo di portare a valorizzazione solo il 45 per cento dei rifiuti trattati (per un totale di 584mila 480 t/a) e di smaltire in discarica il 55% (circa 688mila t/a) con l’aggiunta del 10 per cento dei residui della raccolta differenziata.

Dunque, mentre il decreto del Governo Renzi considera i rifiuti una risorsa e si pone l’obiettivo di valorizzarli al massimo, con produzione di energia, la Regione invece torna indietro e incentra il suo nuovo piano sul sistema delle discariche. Tanto è vero che la delibera in questione prevede di allargare le discariche esistenti e di individuare altri siti, anche a Roma, perché a fronte di una volumetria residua delle discariche di Albano, Civitavecchia, Colleferro, Latina, Roccasecca e Viterbo, dopo la chiusura di quelle di Malagrotta, Bracciano e Guidonia, pari a circa un milione di tonnellate, negli anni da oggi al 2026 la quantità di rifiuti da smaltire in discarica sarà pari a oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti trattati. Non vorrei infine che questa scelta sia dettata dal fatto che i siti delle discariche devono essere indicati dai sindaci, e dunque quella di Roma spetterà al futuro primo cittadino indicarla, mentre gli impianti di termovalorizzazione devono essere decisi dalla Regione.

 

(*) Già consigliere della Regione Lazio

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52