Ai miei compagni  del partito radicale

A chiunque (e in questi giorni abbiamo visto esser tanti), hanno dimostrato in questi tre giorni di funerale e “saluto” a Marco Pannella, gli hanno dimostrato affetto, provato dolore, e fiducia, gratitudine, per quello che ha fatto e conquistato, a favore di tutti e contro nessuno come diceva sempre, perché era “per” e mai “contro”.

Stiamo parlando dell’uomo che oggi potenti di quel potere che non ha mai cercato, voluto, inseguito, definiscono un “Gigante”, un “Leone”, un “Padre della Patria”, un “Grande”. Saranno sicuramente, certamente, sinceri, e convinti di quello che dicono; e scacciamolo pure il cattivo pensiero che si stiano pulendo la coscienza a prezzo di una dichiarazione, dopo anni, decenni, di insulti, spesso calunnie (quante volte “digiunatore a singhiozzo”, “digiuna il giorno, si abboffa la sera”?). Scacciamolo, il sospetto che questo oceano di parole serva a seppellirlo meglio e di più. Secondo il detto “chi muore giace, chi è vivo si dà pace”; e tanti si scopriranno virgiliani Polidoro che si rivolgono a Enea con il famoso “Parce sepulto”.

Proviamo a deluderli, ancora una volta. Non diamoci pace, e cerchiamo di aver cura di preservare la nostra memoria. Ricordi da coltivare, magari, canticchiando “Il signor Hood”, la canzone che Francesco De Gregori dedica a Marco Pannella: “Il signor Hood era un galantuomo, sempre ispirato dal sole, con due pistole caricate a salve e un canestro di parole, con due pistole caricate a salve e un canestro pieno di parole...”.

Per Pannella era un mantra: se convinco i radicali, convinco il mondo. Paradosso, ma non tanto. In tante occasioni quello che osservatori pigri e superficiali definiscono il “padre padrone dei radicali”, fatica per superare le resistenze, i dubbi, le perplessità con cui i suoi stessi compagni accolgono proposte e obiettivi, che sembrano irrealistiche velleità di un don Chisciotte. Altro che le proverbiali sette camicie per prevalere; e non sempre accade. Già nel lontano 1959 Pannella “duella” con Togliatti; il leader del Partito comunista italiano propone: l’unità delle forze laiche; lui replica con quello che solo apparentemente sembra un giochetto semantico: unità laica delle forze. A Botteghe Oscure non la prendono bene; ma anche all’interno del Partito Radicale di allora, quello di Mario Pannunzio e del “Mondo” irridono: “Alleanza dei cretini”. Col senno di oggi, aveva ragione lui.

È una costante, quella di vedersi riconosciuta la ragione, ma sempre dopo. Nel partito in molti lo contestano quando apre un confronto con la destra di Giorgio Almirante, Armando Plebe, Massimo De Carolis. Non parliamo poi quando propone, in tempi recenti, un’alleanza tecnica per le elezioni alla Regione Lazio con Francesco Storace; che va benissimo quando da presidente della Commissione parlamentare di vigilanza denuncia il genocidio politico culturale di cui Pannella e i radicali sono vittime; ma diventa un reprobo impresentabile se si tratta di fare un accordo tecnico che non impegna nessuno e nulla.

Anche quando propone referendum a pioggia e la raccolta di milioni di firme per dieci, venti, trenta referendum contemporaneamente, i “saggi” obiettano che è un’esagerazione. Negli anni Ottanta per primo intuisce che bisogna dare risposte concrete, politiche, allo sterminio per fame di milioni di persone in Africa; se quella bomba fosse stata disinnescata per tempo, molte delle tragedie legate all’immigrazione che si consumano oggi si sarebbero evitate. Lo comprende il Vaticano di Wojtyla; non pochi radicali parlano di mistica irrealistica per eludere questioni concrete.

Ma anche quando propone di puntare tutto sulla questione giustizia, le carceri e il loro degrado, la questione dei processi che non finiscono mai, i giudici che non pagano per i loro errori, la giustizia giusta e la quotidiana, martellante campagna per l’amnistia lascia freddi e scettici anche alcuni dei più stretti sodali; al contrario, è il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a convincersi della bontà e della necessità dell’iniziativa… Gli rimproverano di non voler costruire un partito organizzato; il suo voler dare vita ad un Partito Nonviolento nel metodo e nella strategia, Transnazionale e Transpartito, che superi i confini della nazione, senza preconcette barriere ideologiche, è vista come una fuga dalla realtà. Oggi molti ammettono che lui è il più realista di tutti. Quando denuncia che non ci sono le condizioni per una corretta competizione elettorale, e che al popolo italiano è negata la possibilità di conoscere per deliberare, dicono che esagera; e, anche, che fa troppi digiuni, non ha il senso della misura. Dicono che, come il dio Crono, divora i suoi figli politici. Un luogo comune: in realtà è il contrario, sono i suoi figli politici che spesso si cibano di Pannella, e quasi sempre, dopo averlo contestato, raccolgono i frutti di quei loro dissensi. Ricordiamocelo tutto quello che è stato detto “di” e “contro” Pannella. Ricordiamoci, per tutti, un sonetto composto il 15 maggio del 1974, da Maurizio Ferrara, stretto collaboratore di Togliatti e padre di Giuliano:

“Come se seppe ch’era ‘na vittoria

tutta Piazza Navona strillò evviva

mentre sur parco un fregno ciassalìva

volénnose pija tutta la gloria.

Sotto a lui pe’ gonfiàsselo de boria

‘na manica de gente assai lasciva,

finocchi e vacche ignude alla Godiva

a strillà: solo noi fàmo la storia.

Poi arrivò un professore de la Cia

inzurtò er Papa e quelli, mezzi sbronzi,

strillorno in coro: tutti a Porta Pia!

Ar vedélli smanià come li bonzi

Sor Paolo ciancicò: bell’allegria,

ce tocca vince pure pe’ sti stronzi”.

La vittoria è quella del “No” all’abrogazione del divorzio. Il “raffinato” poeta parla, con fine eleganza di “finocchi” e scomoda la nobile inglese che passeggia nuda a cavallo per le vie di Coventry in sostegno dei diritti dei poveri; il “sor Paolo” è Paolo Bufalini, grande amico di Ferrara. Il professore della Cia sono anni che provo a individuarlo. Ho raccolto tanti nomi, da parte dei protagonisti di allora, ma nessuno convincente, credibile. Forse si tratta solo di un artificio per coniugare insulto a rima. Ma che fare, non è solo, evidentemente, questione di “memoria”, anche se la memoria è fondamentale, se vero è che siamo quel che fummo, che saremo quello che siamo.

Ricordo una delle “lezioni” di Marco era quello dell’essere irriducibilmente “irriducibile”: quali che fossero le batoste che capitavano in testa, non dava il tempo per una “commiserazione” auto-consolatoria, non lasciava il tempo di “affogare” nel maelstrom del “chi”, “come”, “per colpa di…”, subito estraeva un nuovo cappello dal coniglio, e via…

I tanti che in questi tre giorni si sono ritrovati con Marco, per l’ultimo saluto, sono il vero patrimonio dei radicali, per i radicali; che i radicali hanno il dovere di difendere, custodire, nutrire, impedire che vada disperso. Questa è la scommessa per le cose che Pannella riteneva prioritario del suo (e nostro) impegno politico, umano e civile; è dunque necessario dare a tutti noi, prima di subito, un segnale, una sorta di “scossa”, per scuoterci dalla “naturale”, umanissima tentazione di chiusura in noi stessi, un ripiegamento anticamera di un fallimento che non credo “l’orso d’Abruzzo” apprezzerebbe. Un appuntamento “nazionale” dove ritrovarsi e ritrovarci, per continuare a lavorare sul doppio binario che ha visto impegnato Pannella fino all’ultimo: quello della giustizia giusta; e il diritto umano e civile alla conoscenza, sulla base del già corposo “dossier” costituito dai due più stretti collaboratori di Pannella, Matteo Angioli e Laura Hart; e dall’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata.

Se si è davvero liberi e forti, è il momento di dimostrarlo, a noi per primi, per dare e darci reciproca fiducia e sostegno. Con prudenza e audacia, spirito lieto e malinconico, con “leggerezza” e la consapevolezza di chi sa che si può; e il senso di dovere che deve avere chi sapendo che si può, allora si deve.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:02