I mille giorni di Nicola Cosentino

È vero che Marcello Dell’Utri è stato condannato (sulla tipologia del reato si omette in questa sede ogni considerazione) in via definitiva dalla Cassazione a sette anni di reclusione, così come è altrettanto vero che qualcuno si è però “permesso” di evidenziare la evidente incompatibilità dello stato di salute di quello che fu un fondatore di Forza Italia con la detenzione in carcere.

È altrettanto vero, però, che c’è un altro ex forzista che è agli arresti da tre anni (cioè da oltre mille giorni) senza che si sia ancora celebrato alcun processo nei suoi confronti. Insomma, è un “presunto colpevole” anziché presumerne l’innocenza fino a sentenza. Per carità, le accuse mosse dagli inquirenti contro Nicola Cosentino sono gravi e la detenzione sarebbe inevitabile e, aggiungiamo, più che giustificata. Il problema (non da poco) è che un uomo è in gattabuia da oltre mille giorni - mille non uno - senza avere avuto ancora uno straccio di sentenza di condanna.

Si ritiene che, al di là della “notorietà” dell’inquisito, sia inammissibile che un soggetto stia agli arresti per un incredibile lasso di tempo senza un processo: è questione di civiltà (giuridica e non solo) e di certezza del diritto. Non si può tenere in prigione un soggetto per tre anni così, in via cautelativa: se l’accusa è convinta di certi elementi di colpevolezza vada a processo, perché altrimenti sembra quasi che quelle sbarre siano lì per soddisfare certi istinti “extra-giudiziali”.

Un soggetto inquisito dovrebbe essere condannato prima da un tribunale, non dai primi giustizialisti affamati che passano, magari per un qualsivoglia e malcelato istinto di vendetta politica. Al Presidente del Consiglio ed al suo Guardasigilli - dei quali si è scoperto un recente ed insperato garantismo - ci permettiamo sommessamente di chiedere: credete giusta una carcerazione preventiva che possa durare per anni? E, a chi ha il coraggio di chiedere addirittura l’abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, chiediamo di avere altrettanto coraggio di far sapere pubblicamente il proprio parere su certe carcerazioni (preventive).

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50