A proposito del voto degli italiani all’estero

È tempo di legge elettorale! Che ne sarà del voto degli italiani all’estero? Nel corso delle passate legislazioni è emersa più volte, ma sempre affossata, una chiara perplessità sulla “costituzionalità della Legge Tremaglia”, nel merito del requisito della residenza in una delle ripartizioni della Circoscrizione Estero, così come sulla rappresentatività dei singoli parlamentari e sul sistema di voto per corrispondenza. Tutte queste “perplessità” sono state messe sempre a tacere in ambito “Commissione costituzionale bicamerale”, nell’unico intento di lasciare inalterato il numero di “poltrone” da mettere a disposizione nella spartizione del potere dei partiti.

È da notare che nelle votazioni delle ultime due legislazioni si è avuta una partecipazione massima del 32,15 per cento alla Camera e del 31,22 per cento al Senato. Nella sostanza a fronte dei più di 5 milioni di iscritti ai Registri comunali degli italiani all’estero (Aire), poco meno di 800mila (tenuto conto degli aventi diritto al voto) hanno espresso il proprio diritto di voto! Tra gli iscritti all’Aire, infatti, risultano italiani di seconda e terza generazione (più del 50 per cento): persone a cui nulla si può dire sulla loro piena cittadinanza “italiana”, ma molto è da rilevare sulla loro “italianità”.

A causa del processo d’integrazione cui sono stati soggetti, questo folto numero di persone non conosce la lingua italiana e, nella sostanza, si “sentono” culturalmente appartenere molto di più alla nazione “ospite” che alla nostra Italia. Il collegio Nord America, in particolare, chiarisce ulteriormente questo concetto. Negli Usa, infatti, il cittadino, nel momento in cui decide di accedere alla nuova cittadinanza, perde di fatto quella italiana. In questo caso, infatti, assistiamo a una presenza Aire di circa 300mila persone, a fronte dei quasi tre milioni di “italiani” ivi residenti.

Inoltre, ad avvalorare quanto detto, la percentuale dei votanti è stata poco più del 30 per cento, proprio perché anche molti degli iscritti Aire al momento dell’espressione di voto, in relazione al processo di integrazione subito, hanno palesato la loro reale propensione alla politica locale anziché a quella italiana. Guardando un altro aspetto della Legge Tremaglia, emerge evidente un indirizzo “discriminatorio” fatto a danno del popolo italiano.

La Costituzione (articolo 55) recita “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Allora perché si è creata una Circoscrizione Estero con collegi che accusano la presenza di soli 300mila iscritti, quando la stessa Costituzione (articolo 57) sancisce che “la ripartizione dei seggi fra le Regioni si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni” e definisce su un milione di abitanti il minimo di popolazione per la costituzione di un collegio?

Infine, è da considerare l’isolamento cui vanno automaticamente soggetti i parlamentari delle Circoscrizioni Estero, che immessi nelle ferree regole del gioco politico parlamentare, nella sostanza, non hanno la minima possibilità di poter contribuire con la propria esperienza al progresso istituzionale comune. Ben diverso potrebbe essere nel caso di una politica di partito per la Circoscrizione Estero. Sono più che convinto che tale iniziativa, soprattutto nel settore universitario, avrebbe potuto interagire anche nel contesto internazionale a vantaggio della nostra migliore gioventù.

Per ovviare a questa “devianza” istituzionale, nella considerazione che il “voto degli italiani all’estero” comunque deve essere mantenuto, perché questa comunità è valutata una risorsa insostituibile, la soluzione più immediata potrebbe essere un ritorno (rivisitato) al sistema elettorale antecedente la legge costituzionale n. 1 del 2001. In tal caso, i cittadini italiani residenti all’estero potrebbero esprimere il loro voto con riferimento ai collegi elettorali d’iscrizione Aire. Anche in questo caso, sarebbero da introdurre nelle liste di collegio, rappresentanti di lista o di partito da selezionare tra gli iscritti all’Aire, da eleggere seguendo gli stessi criteri di rappresentatività cui accennato per la modifiche alla parte seconda della Costituzione (non accennato in questo appunto.

Nella sostanza, veniva proposto un criterio di rappresentatività di 1 parlamentare per ogni 200mila cittadini). Sempre in tale ambito, resterebbe da valutare l’eventualità di limitare la scelta della cittadinanza a una sola possibilità: italiana/europea o se aderito al nuovo contesto sociale ospitante, la estera. Lo stesso principio va, di rimando, a interessare la moltitudine di residenti esteri in Italia e le conseguenti “capacità politiche” da assegnare.

Aggiornato il 14 ottobre 2017 alle ore 11:43