Apprendisti strateghi

Abbiamo vinto – dice Luigi Di Ma(i)o dall’alto del suo trentadue per cento dei voti – e per questo non tratteremo con nessuno: saranno loro a dover venire a parlare con noi accettando tutte le nostre condizioni. Giggino “Di Mao” sta sviluppando un culto della personalità tale da portarlo a sentirsi come il dittatore cinese soprannominato il "quattro volte grande": "Grande maestro, Grande capo, Grande comandante supremo, Grande timoniere".

Peccato che sia così occupato a specchiarsi trovandosi fighissimo perché, se si staccasse gli occhi di dosso, capirebbe che la coalizione del centrodestra ha ottenuto 267 deputati e 137 senatori (mancano circa 49 deputati e 20 senatori per la maggioranza di governo) mentre i suoi Pentastar hanno 228 deputati e 112 Senatori (mancano 90 deputati e 45 senatori). E nonostante tutto crede di aver vinto. Molto strano.

Ma siamo sicuri che non sia tutto un magheggio per evitare di misurarsi col governo del Paese facendosi rosolare da un Partito Democratico che in questo modo lo terrebbe in pugno? Siamo sicuri che il nostro Giggino Churchill da Pomigliano d’Arco non stia ponendo condizioni inaccettabili facendo il famoso “mamma Ciccio mi tocca... toccami Ciccio”? Il dubbio comincia ad affacciarsi all’orizzonte così come comincia a serpeggiare il sospetto che Matteo Salvini si stia rifiutando di trattare con il Partito Democratico utilizzando una strategia simile a quella di Luigi Di Maio.

Ma questa strategia è simile o comune? Entrambi si rifiutano di comprendere che, se al centrodestra mancano circa settanta voti in Parlamento e ai Cinque Stelle più di centotrenta, l’unico modo per uscire dalla paralisi è una trattativa in cui si metta tutto in discussione: dal programma al Premier passando per la durata della Legislatura. Tertium non datur. Ragionamento troppo banale per non essere compreso.

Allora lo scenario a questo punto contempla tre possibilità: o qualcuno sta giustamente facendo pretattica per poi fare questo benedetto accordo (che si tratti di Governo di tutti con a capo Carlo Cottarelli o di maggioranza con la stampella del Pd poco importa), o si vuole ritornare alle urne con la stessa legge e con alleanze diverse (Cinque Stelle-Lega?), oppure l’accordo tra Lega e Cinque Stelle sulla presidenza delle Camere è solo l’antipasto di un patto più ampio.

E inoltre siamo proprio sicuri che il Partito Democratico continuerà in questo Aventino nonostante gli appelli del capo dello Stato? O l’ipotesi di un Governo di scopo capace di permettere alla sinistra di raccogliere i cocci avendo il tempo di rimetterli insieme è qualcosa di più rispetto a un’idea suggestiva? Non abbiamo risposte da dare sul tema ma un’unica certezza da offrire al lettore: chi si prende il rischio di non fare sintesi oggi (anche se per un breve Esecutivo di scopo), regalerà domani ai grillini un formidabile alibi da giocarsi per ottenere un risultato questa volta veramente clamoroso.

Aggiornato il 15 marzo 2018 alle ore 07:30