Prove di soviet

Parliamoci chiaro se veramente i Cinque Stelle riuscissero a chiudere un accordo di Governo con il Partito Democratico e con Liberi e Uguali il Paese cadrebbe in una sorte di postcomunismo da soviet.

Difficile infatti immaginare un programma comune di Governo che prescindesse dal loro modo di intendere la democrazia, l’economia, la giustizia e l’organizzazione dello Stato. Dal giustizialismo al pauperismo, dal centralismo al fiscalismo, tutto scivolerebbe verso un Leviatano da brividi. Del resto lo abbiamo sentito in campagna elettorale, a partire da Leu, patrimoniale, tassa prima casa, nessuna della giustizia, Ius soli e tutto l’armamentario che unisce i Cinque Stelle alla sinistra. Esattamente il contrario cioè di quel che servirebbe al Paese per riprendere a crescere in modo forte e strutturale.

Insomma, ci ritroveremmo così come cadde con Mario Monti: tartassati e spremuti come limoni. Come se non bastasse i tre, pentastellati, Pd e Leu si ritroverebbero uniti nella sete di potere insaziabile che provano. Altro che programmi e non poltrone come dice “Giggino”, Luigi Di Maio pur di andare a Palazzo Chigi sarebbe disposto a tutto.

C’è solo da augurarsi che un sussulto di coerenza di Matteo Renzi e della sua area, impediscano questo rischio. Anche perché se l’ex premier si facesse trascinare in questa inauspicabile avventura finirebbe divorato elettoralmente nello spazio di un mattino. Speriamo dunque che “qualcuno” si ricordi che il centrodestra non solo ha vinto con il 37,5 per cento il 4 marzo scorso, ma che questo successo lo ha replicato in Molise domenica scorsa e si appresta a confermarlo in Friuli-Venezia Giulia domenica prossima.

Insomma, consegnare il Paese alle sinistre e ai Cinque Stelle significherebbe prendere in giro la maggioranza degli italiani che ha votato poche settimane fa, trascurando il rischio e le conseguenze di una simile eventualità. Chi vivrà vedrà, ma intanto i “forconi” si preparano.

Aggiornato il 26 aprile 2018 alle ore 19:36