Le urla al mercato

Un aforisma, un commento – “Coloro che pensano che il debito pubblico non li riguardi, quasi sempre sono gli stessi che hanno contribuito a crearlo”.

Siamo davvero ai paradossi più ridicoli, se non fossero i più pericolosi: Beppe Grillo invita alla calma. Uno che ha gridato e trasmesso livore per anni a vere e proprie masse di ingenui ora si accorge di aver pigiato troppo sull’acceleratore e che forse è meglio frenare. Potrebbe però essere troppo tardi e, in parte, lo è già se si osservano le reazioni di mercati e istituzioni internazionali. Lui non l’ha mai spiegato, ovviamente, ma i tremendi “mercati” non sono solo costituiti da grossi e attenti investitori ma anche, e in Italia soprattutto, da una miriade di risparmiatori che hanno creduto al principio della solidità e della solvenza dello Stato. Il “nemico esterno” che aleggia nella mente del popolino alimentato dalla crassa e forse intenzionale ignoranza dei leader che hanno tentato di formare un Governo, semplicemente non esiste. Esistono semmai gli speculatori, naturalmente, ma in fondo dovremmo ringraziarli perché essi comprano e, speriamo, continueranno a comprare ciò che tutti gli altri, più o meno giustamente impauriti, desiderano vendere. Se essi non ci fossero i nostri buoni del Tesoro sarebbero carta straccia più di quanto essi non siano di già.

Si dice che, probabilmente, alle prossime elezioni, la Lega avrà un successo enorme. Ciò indica con chiarezza a quale livello di povertà spirituale siamo giunti. Grazie al chiacchiericcio su Internet dei 5 Stelle e alle invettive sguaiate e anti-europee di Matteo Salvini sulle piazze, l’Italia si trova a dover affrontare un nuovo periodo di turbolenza ad alto rischio. Invece di pensare alla storia dei nostri ultimi trenta-quarant’anni, nei quali, grazie al debito pubblico di cui quasi nessuno si preoccupava, molta gente si compiaceva di aver raggiunto livelli di vita apparentemente superiori ad altri Paesi, masse crescenti di italiani rimpiangono quella “sovranità” che, oggi, senza Europa, ci vedrebbe col piattino a chiedere l’elemosina. Lo slogan attuale di una nota casa assicurativa, “Quando immagino il mio domani, sogno lo stile di vita che ho oggi”, esprime perfettamente l’ideale degli italiani quando vivevano al di sopra delle loro possibilità. Ma, presto o tardi, i debiti si devono pagare soprattutto se essi aumentano e il Prodotto interno lordo cresce poco.

Tutto questo è il risultato dell’efficace, ma degna di miglior causa, abilità mediatica e telematica di personaggi dotati di scarsa lungimiranza e di scarso senso dello Stato. Nel 1946 Guglielmo Giannini, creatore del primo qualunquismo, scriveva “Perché, per scegliere un deputato, un ministro, dobbiamo lottare e sbranarci fra noi? Perché, ci dicono gli uomini politici professionali, a quei posti vogliono andarci alcuni di noi, ed altri di noi vogliono impedire che quelli ci vadano perché intendono andarci loro”.

E che importa a noi di questo conflitto fra uomini politici professionali? Mandiamoli tutti in un campo di concentramento dove possano sfogarsi ad eleggere chi vogliono a capo del campo, e sorteggiamoci noi, con calma e senza seccature, quel migliaio fra deputati e senatori di cui abbiamo bisogno”. Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno cercato di mandare in un campo di concentramento la “casta”. Ma, ora, ne fanno parte e i loro denti sono sempre più affilati, pronti a sbranare, con insulti, minacce e piazzate, chiunque si opponga, compreso il Presidente della Repubblica, ottenendo per giunta il favore crescente degli elettori. Un bel quadro in cui il buon gusto, l’eleganza e l’intelligenza degli italiani sembrano il mero ricordo di un lontano passato.

Aggiornato il 29 maggio 2018 alle ore 17:15