Salvini e grillini

Ci eravamo sbagliati. Avevamo scommesso che le buone intenzioni di Matteo Salvini sarebbero andate in vacca a causa della coabitazione con i Pentastar. Lo ammettiamo, con buona pace degli analisti bravi che “dopo” avevano sempre previsto tutto, anche se a parziale scusante c’è il fatto che era difficilmente immaginabile che i grillini, una volta al Governo, si accucciassero zitti zitti lasciando che il Governo Salvini (perché di questo si tratta) agisse senza veto alcuno. Era un’ipotesi altamente improbabile, ma si è realizzato il paradosso in base al quale chi ha il 17 per cento (la Lega) comanda a bacchetta chi ha il 33 per cento (i grillini). Ipotesi probabile come un sei al superenalotto.

Salvini inoltre, dimostratosi uno stratega con gli attributi fumanti, ha sferrato quasi subito il primo colpo vittorioso ben sapendo che, con l’approssimarsi dell’estate, si sarebbe presto verificato il casus belli buono per uno strappo sul tema immigrazione.

L’operazione Aquarius sembrava un’operazione preparata da tempo: basata su un fondamento giuridico solido – l’articolo 19 della Convenzione delle Nazioni Unite, la Convenzione di Amburgo, l’articolo 83 del Codice della Navigazione, il venir meno degli obblighi derivanti da Triton – essa mirava a stanare e mettere in mutande chi per anni ha preteso che l’Italia fosse il campo profughi d’Europa (le nazioni confinanti) e contestualmente chi internamente – per interesse o per ideologia – su questa situazione indecente ci ha prosperato.

Nulla sembrava lasciato al caso: la chiusura dei porti, il conseguente invio di viveri e medici al fine di non passare per assassini, la drammatizzazione controllata di uno scontro dietro cui c’erano comunque delle vite da tutelare. Operazione perfettamente riuscita: a un inaspettato rifiuto dell’Italia ad accogliere la nave Aquarius, Malta si è girata dall’altra parte, la Francia ha protestato e la Spagna ha tentennato. Come nei piani insomma. Un gioco da ragazzi a questo punto soffiare sulla polemica: non tanto sulla indifendibile Malta quanto sugli smemorati partner europei.

È bastato ricordare ai galletti transalpini straparlanti i casi Bardonecchia e Ventimiglia per far abbassare loro la cresta e per rammentare al mondo la loro aggressiva e repressiva politica anti immigrazione.

È bastato ricordare ai toreri, che fino a ieri sparavano proiettili di gomma contro gli immigrati, quanti respingimenti abbiano fatto fino ad oggi e quanto indifferente al problema sia stata la loro condotta prima di accogliere “magnanimamente” la nave Aquarius in un certo qual modo coobbligati dalla nuova operazione Themis. Ed è stato altrettanto facile ricordare alla ipocrita Europa che sulla questione immigrazione ha fatto come i rapper: tante parole e poca musica.

L’epilogo della strategia salviniana è stato brillante: riunire tutto il fronte contrario all’attuale assetto europeo creando un’asse che va da Seehofer (il ministro tedesco anti-Merkel) passando per l’Austria e per l’Ungheria con un’Italia mai così centrale sullo scacchiere europeo. Chi si ricordava i Presidenti del Consiglio del Bel paese ammessi sì al salotto buono ma come camerieri non ha potuto non notare che la musica è cambiata. Sul versante interno il balbettio della sinistra è stato imbarazzante e a tratti desolante. Coloro i quali hanno lucrato sul business dell’immigrazione e coloro i quali per sciatteria ideologica si sono resi artefici dell’accoglienza incontrollata sembravano parlare con una voce unica. E dicevano tutti la stessa cosa: ragliavano contro i fascisti, i razzisti, gli isolazionisti che portano l’Italia verso una deriva pericolosa. Menate di una banalità raccapricciante. Una difesa d’ufficio patetica dello status quo che ha sortito il vistoso effetto contrario: i novelli resistenti antirazzisti hanno chiamato alle armi il Paese contro i nuovi fascisti ricevendo una sonora e chiara pernacchia.

Ed è stato per loro deprimente scoprire che il Paese non crede più alla sirena mondialista a tal punto da spingere i “Robertisaviani” di turno a diffondere tabelle tarocche in cui, per dimostrare che i migranti sono pochi, si confondono i rifugiati con i clandestini, i regolari con gli irregolari, i 133 milioni annui di fondi europei per gli immigrati con i 5 miliardi che noi spendiamo per provvedere alle loro esigenze (questi ultimi vanno fuori dal rapporto deficit/pil ma sono pur sempre debiti, mica bruscolini). Disinformatia in pieno stile sovietico a cui non crede più nessuno.

Detto questo, seguitiamo a pensare che con i pentastellati non ci si debba prendere nemmeno un caffè, figuriamoci fare un Governo. Ciò non toglie che, se continuassero a stare in silenzio, qualcosa di buono per l’Italia si potrebbe fare.

 

 

Aggiornato il 15 giugno 2018 alle ore 15:46