Immigrazione: sono porti nostri

Ha ragione chi dice: tanto di sbandierato, poco di ottenuto. Perché la gestione dei migranti rimane tutta a carico dell’Italia. Certo, in centri chiusi (e sottolineo chiusi) e a carico dell’Ue (e sottolineo a carico dell’Unione europea) ma in Italia. Anzi solo in Italia. Perché tutti gli immigrati sono destinati a restare in Italia visto che saranno trasferibili solo nei paesi dell’Ue che si dichiareranno disponibili esplicitamente dopo (e sottolineo dopo) esser stati censiti ed identificati nei centri che saranno istituiti in Italia.

Insomma, non siamo più un Paese di transito ma di destinazione. Un Paese che dovrà trasformarsi in gestore di esseri umani, lavorando sodo per trovare altri Paesi disposti a riceverli. Una fatica degna di Sisifo, vista l’indisponibilità totale dichiarata dalla Germania, quella non dichiarata ma effettiva di Francia e Spagna, quella effettiva di Visegrád.

Per cui il cerino rimane nelle mani dell’Italia e degli italiani, che non hanno la capacità di inquadramento tedesca né la presunzione di superiorità etica francese. È così presumibile che ci dovremo abituare a nuovi lager, i quali, conoscendo il cuore italico, saranno tutto tranne che a prova di fuga. Magari con la complicità di una malavita dimostratasi capace di inventare sempre nuovi business con uomini e donne disperati e disposti a tutto, visto da dove e cosa fuggono. Se qualcuno non si pone il problema si illude o è in malafede.

L’immigrazione è un business da sempre. Alcuni sostengono che la prima crisi economica occidentale nacque per reazione delle multinazionali alla stretta sull’immigrazione dello scorso secolo. Oggi qualcuno sussurra siano gli stessi soggetti dietro le difficoltà dell’Unione di trovare un accordo. L’immigrazione è fenomeno globale, forse un tratto della globalizzazione, ed è irreversibile. Ostacolarla è una battaglia di retroguardia. Va invece regolamentata con fermezza. Ma l’idea non passa e la battaglia sta diventando tratto del rinascente nazionalismo (eufemisticamente definito sovranismo).

Per egoismo di Francia, Germania, Spagna ecc. e per nostre disponibilità interessata (vedi mafia capitale), debolezza economica ed ignavia politica, l’Italia è stata trasformata nella hall del Grand Hotel Europa. E tale siamo destinati a restare nonostante il decisionismo del nuovo Governo. Perché non si sa quanto reggerà al bombardamento mediatico di Macron e Sanchez che contano sul sostegno, nemmeno tanto occulto di Merkel e compagni. Mentre la pochezza delle accuse ricevute da Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio costituiscono la cartina tornasole della loro pericolosità, perché simile al venticello di maldicenza che nella Roma papalina trasformava in verità le accuse più fantasiose. E portava al patibolo.

L’accordo del 29 giugno 2018 non sembra una vittoria; neppure ai punti. Forse un passetto avanti, però capace di infilarci in una palude. Perché l’Italia non ha certezza su come affrontare i traffici delle Organizzazioni non governative né su come evitare il recupero dei naufraghi sui gommoni. Tanto meno ha certezza su come saranno gestiti i Centri di accoglienza creati sul proprio territorio. Laddove i loro responsabili, in quanto funzionari Ue, potrebbero non avere troppo a cuore le sorti dell’Italia ormai formalmente diventata il supermarket dove trovare lavoratori specializzati o mano d’opera a basso prezzo.

Aggiornato il 02 luglio 2018 alle ore 13:56