L’Era dei “principi democratici”: primato dei leader o esigenza dei popoli?

Processi di personalizzazione della politica, di eclissi dei partiti di massa e di sviluppo di una comunicazione pubblica orizzontale e partecipativa hanno dato al ruolo del leader politico, all’interno dei sistemi democratici contemporanei, una più elevata dose di potere e molto consenso dal basso. I Principi Democratici sono in ascesa in tutte le democrazie occidentali. Già il XX secolo ha registrato una crescita importante degli esecutivi ai danni degli organi legislativi in tutte le maggiori democrazie: più le società diventano complesse, più diviene complicato governarle attraverso organi articolati composti da centinai di rappresentanti. Le democrazie contemporanee tendono a dare più visibilità e più potere agli organi esecutivi, ma soprattutto ai capi degli esecutivi. I leader di governo contano sempre di più per una serie di modifiche strutturali interne ai sistemi democratici, più che per ragioni contingenti.

La prima di queste modifiche è nota come personalizzazione e spettacolarizzazione della comunicazione politica, avviata, con tempi ed effetti differenti nelle diverse democrazie occidentali: il crescente potere del sistema dei media – tra i quali prevale come diffusione e fruizione di pubblico la televisione – impone sulla comunicazione politica, sulle strategie di elaborazione dei linguaggi e delle pratiche elettorali ed infine sulle modalità di ricerca del consenso, le logiche dello spettacolo con i relativi tempi, linguaggi e simbologie. La complessità del discorso politico che va rispecchiando la complessità della società e del contesto internazionale, chiede lo sviluppo di strategie di semplificazione che aiutino l’applicazione di scorciatoie cognitive per la determinazione della scelta politica e di voto. Il sistema spettacolarizzato dell’ultima parte del XX secolo ha spinto il leader politico alla sua rappresentazione mediatica come strategia di semplificazione politica. Nel primo ventennio del XXI secolo questi processi sociali e comunicativi che formano e sostengono la centralità del leader politico hanno trovato ulteriore spinta nella diffusione della comunicazione digitale e dei social network. 

La seconda di queste modifiche strutturali è certamente il ridimensionamento del ruolo dei partiti e della loro funzione di interpretazione e di guida politico-sociale. La presa di parola diretta e il dialogo con i leader politici, che potenzialmente il nuovo spazio pubblico virtuale garantiscono a tutti i cittadini, spingono ancora di più i partiti ai margini del dibattito pubblico e delle strategie di scelta elettorale. I cittadini agiscono quotidianamente in uno spazio pubblico e privato quasi totalmente disintermediato, facendo a meno dei tradizionali corpi intermedi che hanno organizzato fino alla fine delle Novecento la partecipazione dentro la società di massa.

Infine, l’ascesa dei leader è dovuta ad una terza modifica subita dalla struttura democratica: i processi di europeizzazione e internazionalizzazione della politica democratica. Le relazioni internazionali implicano un rafforzamento degli organi di potere esecutivo e in particolare dei relativi leader. Ma questo primato del leader sulle strutture rappresentative può costituire un pericolo e un limite all’espressione democratica? Esiste un’eclissi delle democrazie a favore di un potere decisionista autoritario dei leader?

Come ha ricordato Samuel P. Huntington (1968) “l’autorità deve esistere prima che possa essere limitata”; le democrazie devono poter decidere e in modo rapido non solo per poter essere rilevanti nel contesto internazionale, ma anche per perpetuare se stesse. Chi interpreta il potere esecutivo deve essere messo nelle condizione di decidere e di governare e al tempo stesso devono essere previsti efficaci strumenti per “addomesticare” chi governa. Una democrazia contemporanea non può evitare la centralità del capo dell’esecutivo, non può strutturalmente fare a meno della semplificazione e della rapidità decisionale che esso porta con sé. Al tempo stesso una democrazia è tanto più solida quanto più riesce a tenere in equilibrio la necessità di una leadership popolare con il sistema dei contrappesi istituzionali. 

In definitiva la buona democrazia ha bisogno di leader che “sappiano mettere le mani nell’ingranaggio della storia” per dirla come Max Weber, ma deve anche preoccuparsi che lo facciano per migliorare il suo procedere e non per peggiorarlo. Ogni sistema di governo deve riuscire a trovare la modalità sia per consentire ai Principi di governare, sia perché continuino a farlo dentro sistemi democratici. Sarà allora necessario elaborare una cultura politica del governo del leader adeguata alle sfide sociali e politiche, nazionali e soprannazionali cha sappia conciliare l’esigenza della leadership di governo e principi democratici di garanzia.

(*) Fondazione FareFuturo

Aggiornato il 23 novembre 2018 alle ore 12:47