In giro per l’Europa con Salvini e Di Maio

Matteo Salvini e Luigi di Maio girano come trottole per l’Unione europea in cerca d’una collocazione credibile fra le forze politiche, con l’esplicita intenzione di candidarsi alla guida della Commissione, cioè del governo dell’Unione.

La cosa, di per sé, potrebbe essere anche molto positiva: due formazioni fortemente critiche del processo d’integrazione supernazionale si sono poi rese conto, alla prova dei fatti, cioè del governo d’uno Stato membro fondatore delle Comunità e poi dell’Unione, di quanto il problema non siano le Istituzioni, ma l’indirizzo politico di governo. Un poco come accadde, dopo il 1861, con le “estreme” ed il quadro statutario del Regno d’Italia o, nel secondo dopoguerra, coi monarchici di Alfredo Covelli e la Costituzione repubblicana, o coi missini di Michelini ed Almirante ed il ritorno alla democrazia parlamentare. È accaduto con la Lega padana a livello italiano: da movimento secessionista contro l’unità nazionale, al nazionalismo di Matteo Salvini. Forse, soprattutto Salvini, s’è accorto di quanto la sua politica sarebbe più forte se riuscisse a imporre una difesa unitaria delle frontiere europee.

Per fare ciò, però, occorrerebbero forze armate e di polizia realmente integrate, unite, in una parola federate, sotto la responsabilità politica d’un governo federale. Se tanto si potesse realizzare, magari sotto la sua guida alla Commissione, oltretutto, uno Stato membro, ad esempio la Francia, non potrebbe fare una guerra per procura ad altro Stato membro, si legga l’Italia, onde appropriarsi di pozzi petroliferi in un territorio terzo come la Libia.

Questa presa di coscienza può portare, implicitamente, il leghismo ad evolvere dal movimento federalista infra-nazionale italiano delle origini eridanie, a movimento federalista supernazionale europeo; dal sovranismo nazionalista all’eurosovranismo condiviso dalle autonomie locali e libertà nazionali. Esiste, però, una questione di principi ispiratori. Le maggiori forze politiche europee, popolari, liberaldemocratiche e socialdemocratiche, sono molto diverse tra loro, ma condividono, dopo le tragedie dei totalitarismi del Novecento, principi comuni chiamati diritti umani. Forze politiche le quali si presentino come violatrici d’essi, in un cosiddetto contratto di governo in cui si proclama l’impossibilità d’accedere a responsabilità in quel governo ad associati alla più antica istituzione iniziatrice alla libertà di pensiero, la Massoneria, è molto difficile v’entrino, almeno dalla porta principale. E chi entra, tra il personale, dalla porta di servizio, è improbabile divenga il padrone di casa.

Aggiornato il 07 gennaio 2019 alle ore 10:46