Primati e ambiguità del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo che ci accingiamo a rinnovare con le elezioni di domenica 26 maggio racchiude due primati: con i suoi 750 membri è la più grande assemblea parlamentare del mondo eletta democraticamente, allo stesso tempo unica a non avere iniziativa legislativa, attività rilasciata esclusivamente alla Commissione.

Tra le sue funzioni principali vi sono, infatti, l’approvazione del bilancio e il controllo e l’esame delle proposte legislative provenienti dalla Commissione europea, da svolgere insieme al Consiglio dell’Unione europea costituendo con quest’ultimo una sorta di bicameralismo. Bicameralismo atipico perché il Consiglio dell’Unione, con cui vengono condivise molte delle decisioni, lungi dall’essere eletto, è composto da un rappresentante a livello ministeriale per ciascun Stato membro scelto in funzione della materia oggetto di trattazione.

Le decisioni del Parlamento devono essere spesso condivise con altri Enti, nessuno dei quali eletto dai cittadini dell’Unione.

Oltre al Consiglio citato, il soggetto dotato di maggiori poteri tra tutte le Istituzioni è la Commissione europea, composta da 28 Commissari scelti tra personalità degli Stati membri non legati da alcun titolo di rappresentanza con lo Stato da cui provengono, anzi, come previsto dal Trattato dell’Unione europea, devono agire nell’interesse generale dell’Unione e non dei singoli Stati.

La Commissione ha il vero potere legislativo, emana leggi e decreti, denominati a seconda del meccanismo di recepimento all’interno degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, Regolamenti, Direttive e raccomandazioni. Inoltre gestisce il bilancio, vigila l’applicazione delle norme comunitarie nei vari settori, riprende e sanziona gli Stati che non si adeguano, rappresenta l’Unione nella politica estera. Solo il Presidente della Commissione, a differenza dei Commissari, è eletto dal Parlamento e, pertanto, per sillogismo è una nomina che promana dalla decisione degli elettori.

In molti settori, quale quello fondamentale della politica estera e di sicurezza comune, più nota come Pesc, le decisioni non vengono neppure prese con procedura legislativa ordinaria, pur riservata alla Commissione. Qui la nota dominante è la cooperazione intergovernativa che raggiunge gli obiettivi mediante accordi tra i Paesi membri di cui il Parlamento europeo viene informato. Tanto per fare un esempio tutta la materia dell’immigrazione rientra in questa procedura!

Altro organo che incide fortemente sulla vita dei singoli Stati è la Banca centrale europea i cui organi, a partire dal Presidente, nulla hanno a che fare con le decisioni provenienti dal Parlamento o con procedure di tipo elettorale.

Nel settore che va incidere sulle politiche economiche dei singoli Stati è ultimamente nato il Mes, Meccanismo europeo di stabilità, detto anche Fondo salva Stati , con sede in Lussemburgo. Composto da un consiglio di governatori formato dai ministri finanziari dell’area euro, l’organismo emette prestiti per assicurare assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà, acquista titoli dal mercato, attiva programmi di correzione macroeconomica e attua una severa politica sanzionatoria nei confronti di coloro che non rispettano le scadenze di restituzione.

Merita inoltre una riflessione constatare che le fonti di diritto primario dell’Unione sono costituiti in primo luogo dai Trattati istitutivi e dagli accordi intergovernativi successivamente stipulati per integrare e modificare i primi con la conseguenza che le decisioni principali vengono adottate da accordi tra Governi, successivamente ratificate da leggi dei parlamenti nazionali.

In definitiva, è doveroso andare a votare ma è bene essere consapevoli che qualsiasi esito del voto di domenica non scalfirà i granitici meccanismi previsti dai Trattati che nel tempo hanno perfezionato procedure oramai irreversibili.

Aggiornato il 23 maggio 2019 alle ore 11:45