Conte nelle zone terremotate del Centro Italia

Il Presidente del Consiglio era stato chiaro autodefinendosi “avvocato del popolo”: bravo il premier, evviva il presidente il quale, l’altro giorno, è tornato dopo un anno dalla sua ultima visita nelle zone del centro Italia colpite dal sisma che, dall’agosto 2016 in poi, ha sconvolto quei territori con una serie di scosse telluriche devastanti.

Bravo il presidente, evviva il presidente ed i suoi riverenti accoliti che si sono affrettati a condividere sui social il “verbo” del magnifico (ma non eletto da chicchessia). Conte si è scatenato. Un esempio: “Siamo qui per valutare un attimo come procedono i lavori. Abbiamo un decreto, lo ‘Sblocca cantieri’, che è in sede di conversione e stiamo mettendo a punto gli emendamenti e non vorremmo sbagliare, consapevoli che c’è una comunità che soffre e ancora non vedono una prospettiva reale”. Entusiasmante e rassicurante nel contempo se non fosse che, dopo tre anni, si sta ancora “valutando” ed attendendo di “mettere a punto”.

E intanto, alle popolazioni terremotate, oltre al devastante sisma, toccano anche i vari Di Maio, Farabollini, Crimi e i loro proclami del nulla. Ma il presidente ha capito tutto ed afferma che è necessario accelerare la ricostruzione per evitare lo spopolamento di quelle zone. Bravo “avvocato del popolo” ma, a noi che dell’argomento ne sappiamo sicuramente di meno, ci viene spontaneo immaginare che prima di parlare di ricostruzione sarebbe meglio rimuovere definitivamente tutte quelle macerie che da quasi tre anni stanno ancora lì: che ne dice avvocato Conte?

Perché “i governi precedenti” non hanno fatto granché (come a voi piace tanto sostenere), ma anche il suo Esecutivo non è che abbia dato l’attesa e promessa svolta ai problemi delle popolazioni terremotate. Anzi, è pure aumentata la sensazione della presa in giro che le testarde popolazioni di quelle zone di certo non meritano. A Giuseppe Conte, a chi lo circonda nei palazzi della Capitale e a chi dice di rappresentarlo sul territorio, ci permettiamo di ricordare le parole pronunciate dal Vescovo di Rieti, Domenico Pompili all’indomani della visita dell’altro giorno: “Apprezziamo molto il suo gesto di sensibilità, come lo apprezzammo allora. Ma nulla è cambiato. La mia sensazione - ha proseguito il capo della diocesi reatina - è che dopo il crollo del Ponte Morandi ci sia stata una caduta di tensione che ci ha spinto in una zona d’ombra. E il terremoto del Centro Italia è entrato nel novero delle buone intenzioni. Siccome non se ne parla, qualcuno potrebbe pensare che i problemi siano risolti. Invece restano e la variabile temporale è decisiva per evitare lo spopolamento definitivo”.

Aggiornato il 23 maggio 2019 alle ore 12:00