La sinistra e l’umanità a suon di voti

Negli ultimi mesi si è acceso il dibattito su quello che viene definito il ddl Zan, un disegno di legge al quale una parte della nostra politica assegna la missione di “prevenire e contrastare la discriminazione e la violenza basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull'identità di genere o sulla disabilità”.

Qui non si vuole discutere dello scopo di tale disegno di legge; discriminazione e violenza devono essere combattute con la forza delle sanzioni penali e, meglio ancora, prevenute con l’educazione. E neanche si vuole discutere del mezzo, ossia delle singole norme in cui si articola il ddl Zan, perché si tratta di un tema che ha occupato, e occupa tutt’ora, insigni giuristi, politici esperti (e anche tanti molto meno esperti, ma questo è quello che passa il convento), sociologi, filosofi, persino illustri influencer indignati e cantanti liete di non essere state battezzate. L’opinione di chi scrive, in questo composito coro, si perderebbe come il tintinnio di un campanello nella tempesta.

Quella che, invece, appare degna di nota è l’ennesima manifestazione di un fenomeno ben radicato e sempre presente in una certa parte politica. Quella parte politica, per intenderci, che fa del politicamente corretto, delle battaglie civili, dell’accoglienza e dei buoni sentimenti, le proprie bandiere, possibilmente vestite con i colori dell’arcobaleno, e per la quale, in sostanza, è acriticamente buono tutto, purché porti i voti di cui ha disperatamente bisogno.

È il fenomeno, o piuttosto il paradosso, della tolleranza intollerante.

Da quando mondo è mondo, o meglio, da quando sinistra è sinistra, è possibile parlare di ogni cosa, è possibile contestare ogni istituzione o persona, con parole anche forti, se il bersaglio è quello che la sinistra condivide, magari anche temporaneamente, come una delle sue battaglie. È la libertà di pensiero! È la incomprimibile libertà di espressione! È il sacro diritto costituzionale guadagnato a spese del sangue di chi è stato perseguitato per le proprie opinioni!

Tutto bello, tutto profondamente vero, tutto assolutamente condivisibile in un afflato fraterno di democrazia.

Ma, sissignori, c’è un “ma”. Ed è grosso come una casa.

Tutto questo vale, ma solo per le opinioni giuste, ossia quelle validate dalla suddetta parte politica. Chi la pensa diversamente, no, non può parlare, non si può esprimere. Si possono fare molti esempi, ma basti citare i dibattiti, sovente unilaterali, in tema di aborto o metodi contraccettivi chimici (la pillola del giorno dopo), o, su di un altro piano, in tema di accoglienza e immigrazione.

Le voci a favore, magari espresse dal figurante di turno, non importa se cantante o influencer, con toni spesso sopra le righe, se non addirittura violenti, sono accettabili e degne di essere ascoltate e riprese. Le voci contrarie, invece, vengono additate a censura, schernite, accusate di violenza contro le donne, di razzismo, di discriminazione, insultate.

È vero, può accadere che Kamala Harris, acclamata frettolosamente come simbolo anti-trumpiano della nuova democrazia statunitense delle diversità, affermi: “Difenderemo i nostri confini, non venite senza autorizzazione, vi rimanderemo indietro”. In quel caso, un imbarazzato silenzio della sinistra tollerante è d’obbligo. Ma è solo un’eccezione verso una “compagna che sbaglia” (abbiamo sentito anche questo, in un tragico passato).

Insomma, il paradosso è che la tolleranza diviene fortemente intollerante con chi la pensa diversamente.

Tornando al ddl Zan, è notizia di queste ore che il Vaticano ha compiuto una mossa inedita per criticare la norma in discussione nel nostro Parlamento, avvalendosi della facoltà, concessa da un trattato internazionale (che sicuramente alcuni influencer conoscono a menadito, anche se ignorano che è stato rinnovato da un Governo socialista nel 1984), di difendere alcune proprie prerogative, come, tra l’altro, la libertà di espressione dei propri membri e la libertà di organizzazione del sistema scolastico privato.

Ed ecco che, sui giornali influenti e sui social di moda, gli alfieri di quella sinistra che si autodefinisce moderata, centrista e, per l’appunto, tollerante, e che si vuol porre all’avanguardia della lotta per i cosiddetti diritti civili, insorgono e gonfiano il petto: il ddl Zan non si tocca, il Parlamento è sovrano!

E, allora, forse è il caso di richiamare alle memoria di questi politici, e dei loro coristi social, la definizione di tolleranza secondo la Treccani: “Atteggiamento teorico e pratico di chi, in fatto di religione, politica, etica, scienza, arte e letteratura, rispetta le convinzioni altrui, anche se profondamente diverse da quelle cui egli aderisce, e non ne impedisce la pratica estrinsecazione, o di chi consente in altri, con indulgenza e comprensione, un comportamento che sia difforme o addirittura contrastante ai suoi principi, alle sue esigenze, ai suoi desideri”.

Ma l’indulgenza è faticosa, richiede intelligenza e capacità di ascolto. E, soprattutto, non porta i voti di cui si va a disperata caccia. E questi signori in tutti questi anni di danni ne hanno fatti in quantità industriale...

Già i voti, il vero obiettivo di questa fazione, dietro la finta vocazione all’umanità che poi scricchiola quando posta di fronte agli afflati religiosi.

In realtà, una vocazione ad utilizzare a scopi prima di lavoro e poi elettorali un mondo di persone da integrare per essere utilizzate.

Non ci facciamo abbindolare, il senso del prossimo è un’altra cosa...

Aggiornato il 25 giugno 2021 alle ore 16:41