Quirinale, Tajani: “Per centrodestra il candidato è Berlusconi”

L’unica strada possibile è Silvio Berlusconi al Colle. Antonio Tajani, a sette giorni dal primo scrutinio per eleggere il successore di Sergio Mattarella, non prende in considerazione alcuna subordinata che prescinda dalla candidatura del Cavaliere al Quirinale. “Girano tanti nomi, per il momento il nome del centrodestra è solo Silvio Berlusconi”. Tajani risponde così a una domanda sull’ipotesi di una candidatura dell’ex ministro Giulio Tremonti alla presidenza della Repubblica, ospite di Mattino 24 su Radio 24. Tajani ribadisce il sostegno del centrodestra all’ex premier garantendo che oltre alla coalizione, “stanno crescendo anche i consensi tra forze non tradizionalmente vicine al centrodestra, penso alla grande famiglia del Gruppo Misto. Io sono ottimista, poi vedremo”. E, infine, sui veti posti dal centrosinistra al Cavaliere Tajani conclude: “Non vorrei che passasse la politica del carciofo: ogni nome non va bene finché non c’è quello che indicano loro, non è questo il modo di trovare la soluzione”.

Per il deputato Gianfranco Rotondi, intervistato da Repubblica, “tutti i presidenti sono per definizione divisivi, ma noi del centrodestra li abbiamo onorati tutti. La sinistra faccia lo stesso con il Cavaliere”. “Prendiamo Giorgio Napolitano. Ce lo siamo fatti piacere. Mattarella era divisivo nella Dc”. A chi gli sottolinea come Berlusconi sarebbe il primo condannato al Quirinale, ribatte: “Per me la questione è superata dopo che l’estensore della sentenza confessò di essere stato costretto a condannarlo”. Il Cav, secondo Rotondi, “non è l’uomo di 28 anni fa. È ricettivo. La sua elezione sarebbe un atto di pacificazione, e lui farebbe di tutto per onorare la carica”. Si fida di Matteo Salvini? “Totalmente”, risponde Rotondi, evidenziando che “per Giorgia Meloni e Salvini l’elezione di Berlusconi sarebbe l’autostrada per andare a Palazzo Chigi. Non mancherà manco un voto”. Quelli mancanti del campo avversario “arriveranno. In privato molti dicono cose diverse rispetto a quelle dette in tivù. Noi siamo stati esagerati nel cantarne le lodi, e chi non lo amava è stato eccessivo nell’altro senso. Di mezzo ci sono i peones. Il miracolo è possibile”, chiosa.

Secondo Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria e fondatore di Coraggio Italia, intervistato dal Messaggero, se Berlusconi “non riuscisse a trovare i voti, se alla quarta votazione non raggiunge i 505 sì, sarebbe una sconfitta esiziale per la coalizione”. A suo avviso “in questi giorni si sta mettendo maluccio. Se Berlusconi volesse correre per il Quirinale, ed io continuo a consigliargli prudenza, dovrebbe intanto costruire un percorso per arrivarci”. Per Toti, “intorno a lui sembra esserci un circo equestre che non si addice ad una partita così importante” e “c’è chi sta facendo di tutto affinché la candidatura non vada in porto”. La sua premessa, in ogni caso, è che “i veti del centrosinistra, di tipo intellettuale e ideologico, non sono tollerabili. Dire che Berlusconi non è candidabile vorrebbe dire rinnegare la storia del centrodestra. È una battaglia culturale, di principio. Detto questo, bisogna al più presto scegliere se puntare su Berlusconi che guida la cavalleria per espugnare il castello o su una soluzione che trovi un largo consenso in Parlamento”. Secondo Toti, “se dovesse continuare questo stallo”, Mario Draghi potrebbe diventare l’opzione di salvataggio del sistema. È stato in grado di tenere insieme una maggioranza larga. Potrebbe essere la via di fuga”. Per Berlusconi “provo un grande affetto ma la situazione si è incartata. Noi lo sosteniamo lealmente ma se non ha i numeri rischia di offuscare la sua storia e di tutto il centrodestra”, aggiunge.

Goffredo Bettini, plenipotenziario dem, “vede” due strade sono possibili in vista del Quirinale. “Nella prima, la politica ha uno scatto e propone a Mario Draghi un patto di un anno, individuando per il Colle una figura alta per guidare la transizione dall’uscita dell’emergenza alla ricostruzione di un sistema politico più equilibrato. A questa operazione dovrebbe collaborare soprattutto Matteo Salvini. Ma se questa dovesse fallire, la seconda è obbligata: si chiede a Sergio Mattarella di accettare un altro mandato, o si verifica la disponibilità che Draghi ha lasciato intuire”.

Intanto, Matteo Renzi, dal Corriere della sera sul Quirinale, spiega: “Io parlo con tutti. Vedremo se il centrodestra avanzerà formalmente una candidatura. Nel vertice di venerdì è emerso che il sogno quirinalizio di Berlusconi non ha i numeri”. A suo avviso “Draghi a Chigi è una garanzia per il Paese nell’anno di legislatura che ci rimane, mentre al Quirinale garantisce l’Italia, per sette anni. Sono entrambe buone soluzioni, ma se andrà al Quirinale dovrà esserci un accordo politico contestuale sul governo”. Un governo dei leader se Draghi va al Colle? “Non è probabile ma ha un senso”, dice. A suo avviso, “non ci possiamo permettere elezioni politiche nel 2022 e nemmeno un governo fotocopia senza il premier: il valore aggiunto di questo esecutivo è Draghi, non i singoli ministri”, afferma. Per Renzi, Salvini deve “decidersi. Talvolta sembra voler uscire di maggioranza, lasciando spazio al cosiddetto Governo Ursula. Talvolta sembra volersi immolare su Berlusconi”. Italia viva, aggiunge, voterebbe un candidato del centrodestra “di livello” anche nel caso in cui Pd e M5s non lo votassero. “Quanto al Pd e ai cinque stelle, non so dirle. Mi pare che Enrico Letta abbia proposto al centrodestra un accordo complessivo da qui al 2023 in modo serio e ragionevole. Mi sembra saggio”, afferma. Alla domanda se ritenga che debba essere garantito il diritto di voto anche ai parlamentari in quarantena, risponde: “Per me sì. Per l’eccezionalità dell’atto – l’elezione del capo dello Stato – è giusto che si predispongano dei corridoi per far votare, in presenza, anche i parlamentari in quarantena”.

Carlo Calenda è molto duro sul nome del Cavaliere. La candidatura di Silvio Berlusconi “è un elefante in mezzo alla stanza” che blocca il confronto tra i partiti non sull’elezione del presidente della Repubblica, ma anche su un patto di legislatura. Lo afferma il leader di Azione a Rai news 24. Calenda non crede che il leader di Forza Italia abbia i voti per diventare capo dello Stato: “Ma la stessa candidatura di Berlusconi – aggiunge – porta una serie di problemi significativi perché non fa decollare un dialogo che a nostro avviso deve riguardare la possibilità di fare un patto di legislatura con Draghi presidente del Consiglio, per evitare quello che abbiamo visto nell’ultimo mese e mezzo: e cioè forze politiche che dicono una cosa in Consiglio dei ministri e poi la disconoscono”.

Secondo Calenda, “questo passaggio, cioè discutere prima del governo e poi del Presidente della Repubblica è complicato dal fatto che c’è una candidatura di Berlusconi. Mi fa molto piacere che sia Letta che Renzi abbiano detto la stessa cosa, che ci sia bisogno di un patto di legislatura, ma io penso che ora il tempo è quasi esaurito e occorrerebbe sedersi insieme rapidissimamente. Anche Salvini aveva detto chiamerò tutti i leader dopo la Finanziaria, ma non è successo nulla, e questo accade anche perché sappiamo che c’è un elefante in mezzo alla stanza che è la candidatura di Silvio Berlusconi”. Calenda non dà “un giudizio sulla persona”. “Io – sostiene – non ho mai votato Berlusconi. Sicuramente è una persona di grande coraggio e capacità, ma è del tutto evidente che è una figura del tutto inappropriata per rappresentare tutta l’Italia. Dunque, bisognerebbe sedersi e discutere della prosecuzione del governo ma bisognerebbe togliere questo elefante dalla stanza e io non credo che Salvini e Meloni abbiano oggi la forza di farlo”.

Aggiornato il 18 gennaio 2022 alle ore 09:39