Referendum Giustizia: intervista al professor Romano

L’affluenza del 20 per cento al voto del referendum sulla giustizia è un dato sconcertante. Cerchiamo di comprendere quali sono le ragioni che tengono lontani gli italiani dal loro diritto al voto insieme al professor Bartolomeo Romano, ex consigliere del Consiglio superiore della magistratura, professore ordinario di Diritto penale all’Università di Palermo e vicepresidente del ComitatoSì per la Libertà, Sì per la Giustizia”.

Professor Romano, come mai in così pochi sono andati a votare per il referendum? Esiste una percezione errata sul tema giustizia per cui il cittadino non si sente abbastanza coinvolto e consapevole?

Assolutamente sì. Questo però entra in un trend generale di bassa affluenza alle urne come si nota anche dai dati delle elezioni amministrative dove ha votato pochissima gente e non è un problema solo italiano, lo abbiamo visto in Francia dove l’affluenza alle urne è stata molto bassa. Cè evidentemente un problema molto serio di rapporto fra la politica in senso lato e i cittadini, i quali, paradossalmente, da una parte si lamentano in modo molto profondo e in gran parte a ragione della moltitudine di cose che non vanno bene (anche per quanto riguarda il mondo della Giustizia). Dall’altra, però, quando hanno loccasione di incidere in qualche modo con le modalità date dagli strumenti costituzionalmente previsti, si astengono.

Mi permetto di sottolineare anche la responsabilità dei promotori stessi delliniziativa in quanto Lega e Radicali, soprattutto in queste ultime settimane, non si sono spesi più di tanto nell’incoraggiare il voto.

Io non vedo questo totale disinteresse che lei mi segnala ma vedo un trend generale nel quale, a poco a poco, si era sempre più consapevoli del fatto che non si sarebbe raggiunto il quorum e quindi le forze politiche, che guardano ovviamente anche a questi dati legati ai consensi, si sono leggermente defilate. Ma non mi pare che ci sia stato questo totale abbandono, cè stato certamente un rallentamento: quando ti manca lenergia degli ultimi metri perché ti rendi conto che non arriverai al traguardo vincendo, il fiato inizia a mancare. Penso che sia stato soprattutto questo.

I cinque quesiti che sono stati posti al referendum sono stati tacciati di essere troppo complicati e troppo tecnici. Forse potevano essere semplicemente spiegati meglio?

Non cè quesito referendario che sia semplice, dal momento che tecnicamente si tratta di un referendum che incide su testi di legge. Nessun referendum, né questi abrogativi né quelli costituzionali sono semplici se uno legge il quesito. Lo diventano se vengono spiegati in modo semplice e chiaro.

Quando ci fu il referendum costituzionale (senza quorum) ci furono schieramenti contrapposti che si confrontavano nel merito. In questo caso il quorum, che è stato messo dai costituenti per prudenza visto che il nostro Paese usciva da un diverso regime e la democrazia era appena appena sorta, oggi sicuramente penalizza il dibattito perché chi non vuole cambiare nulla preferisce, piuttosto che argomentare le ragioni del no, astenersi dal farlo sperando che non si raggiunga il quorum. Già oggi per le elezioni di qualsiasi natura abbiamo una percentuale di gente che va a votare poco sopra al 60 per cento, quindi è facile pensare che aggiungendo il proprio dieci per cento al 40 per cento della astensione fisiologica i referendum non passino. Poi ci sono quelli che erano scientificamente orientati al no e che hanno preferito astenersi. E il gioco è fatto.  

Inoltre, come ho denunciato, e non solo a Palermo, è capitato un fenomeno veramente disdicevole. Agli elettori che entravano nei seggi elettorali, nei luoghi in cui c’erano le amministrative, gli veniva chiesto se volessero anche le schede per votare il referendum. Questo è un assurdo, non si capisce il perché della domanda. Si devono consegnare tutte le schede che la legge prevede siano consegnate e, se il cittadino non le vuole, o le restituisce o non le prende. La domanda è capziosa e anche orientante l’elettore.

C’è da considerare anche che ad agire contro il referendum sono stati in molti, a cominciare dalla Corte costituzionale che ha tagliato i tre referendum di popolo: cannabis, eutanasia e responsabilità civile dei magistrati. Per non parlare del silenzio assoluto dei media nazionali: Agcom ha imposto alcune trasmissioni televisive sul tema perché spontaneamente non se ne facevano e le stesse sono state mandate in onda in orari improbabili. Come l’altro ieri “Porta a porta” che è iniziata alluna e zero tre di notte, chi la può guardare? Solo coloro che sono già interessati al referendum e che sarebbero andati a votare a prescindere. Tutti gli altri non sono stati messi in condizione di farlo.

Ma la Littizzetto a “Che tempo che fa” che preferiva andare al mare piuttosto cha a votare lhanno sentita tutti.

Esatto, come linvito del quotidiano “la Repubblica” a non votare lhanno letto molti elettori di quel giornale. La verità è che chi avrebbe potuto aiutare i cittadini ad informarsi non lha fatto, violando in gran parte anche larticolo 21 della Costituzione e purtroppo lasciando a gruppi di privati cittadini, come l’associazione di cui ho fatto parte, il compito di informare. Cosa praticamente impossibile senza il sostegno degli organi di informazione di massa dove si è perpetrata una vera e propria congiura del silenzio, da alcuni consapevolmente fatta da altri inconsapevolmente praticata.

Come facciamo a riformare la giustizia? Questi cinque quesiti rimangono in piedi.

Credo che dovremmo aspettare un nuovo Parlamento e nuove maggioranze perché quella attuale è una maggioranza patchwork, composta da tutto e dal contrario di tutto e quindi può fare quel che può. In una maggioranza in cui si va dai 5 Stelle da un lato e Lega e Forza Italia dallaltro si comprende bene che è difficile persino parlare un linguaggio comune. Forse per intendersi potrebbero ricorrere all’esperanto!

Un commento sulla riforma Cartabia.

È una riforma tiepida. Certo, rispetto alla situazione attuale in parte la migliora, ma ci troviamo in una condizione talmente drammatica e comatosa che a migliorarla ci vuole poco. Bisogna sperare che intanto la approvino, cosa che non è sicura, e soprattutto che vengano poi fatti decreti attuativi in quanto la riforma stessa è in gran parte appesa a una legge delega. Ovvero, in parte è legge ordinaria formale e in parte è legge delega e il Governo avrà tempo un anno per approvarla e non sappiamo se questo avverrà. Speriamo.

Aggiornato il 13 giugno 2022 alle ore 19:04