Pd, un Comitato costituente per evitare future scissioni

Il Partito democratico in crisi cerca di invertire la rotta. Enrico Letta ha avviato il percorso congressuale. Ma, prima, il segretario dimissionario vuole che tutti, militanti e dirigenti, si riconoscano in una carta dei valori. Per queste ragioni, è stato varato il Comitato costituente del Pd. Un modo per evitare future scissioni. Basterà? Il rischio che la componente sconfitta al congresso possa abbandonare il partito è molto alto. Al momento, Stefano Bonaccini, il candidato accreditato della vittoria, è sostenuto dall’ultrarenziano Lorenzo Guerini di Base riformista, dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e probabilmente anche il sindaco di Pesaro Matteo Ricci e i “giovani turchi” di Matteo Orfini. La possibile avversaria di Bonaccini, Elly Schlein, non ha ancora sciolta la riserva. Un fatto è certo, se decidesse di candidarsi, potrebbe contare sull’ex segretario Nicola Zingaretti, sul vicesegretario Peppe Provenzano, sul capodelegazione a Bruxelles Brando Benifei e su Areadem, la corrente di Dario Franceschini. Anche l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando potrebbe sostenere la “papessa straniera”. Intanto, su Twitter la senatrice del Pd Cecilia D’Elia, portavoce del coordinamento delle donne dem, augura “Buon lavoro al Comitato costituente. Composto in modo paritario vede la presenza di donne di diverse generazioni e percorsi. Ci sono competenze e personalità esterne significative e importanti, segno di apertura e rinnovamento. È il primo passo per il nuovo congresso del Pd”.

Diverso è il giudizio di Nichi Vendola, un esponente storico dell’universo progressista. A suo avviso il Pd è irriformabile. “A che punto è la notte della sinistra? Si fatica molto a vedere le luci dell’alba. La sinistra che ha ammainato la bandiera del socialismo e ha impugnato gli stendardi del governismo, procede a tentoni, alla cieca, senza bussola. Così rischia di precipitare nel burrone dell’insignificanza”. L’ex presidente della Regione Puglia, in un’intervista al QN riserva parole “definitive” sulla prospettiva politica del Pd. “La crisi della sinistra viene da molto lontano. La scelta improvvida di Letta di rompere l’alleanza con il M5s ha impedito di giocare la partita elettorale, regalando il Paese alla destra radicale di Meloni. Ma questo è solo l’ultimo atto di una storia che comincia con la crisi del compromesso socialdemocratico in Europa. Il Pd si è auto-incensato con la retorica della responsabilità del governare ed è apparso sempre più come l’alter ego dell’establishment”. Sulla possibilità che il Pd abbia compreso la lezione della sconfitta, Vendola commenta: “Se guardo al loro dibattito pre-congressuale non solo le dico che la sconfitta pare già una pratica chiusa e archiviata, ma che questa incredibile rimozione è figlia della natura del Pd, un partito balcanizzato, irriformabile, refrattario a qualunque autocritica”. E sul fatto che il M5s sia di sinistra osserva: “Hanno presidiato uno spazio simbolico che profuma di sinistra sociale. È una evoluzione positiva rispetto al supermarket populista che era alle origini. Se Conte avesse coraggio potrebbe essere lui il federatore di un fronte progressista che oggi appare assai frammentato”.

Frattanto, Graziano Delrio, che sostiene Stefano Bonaccini nella corsa alla segreteria, rivendica la necessità per il Pd di scendere in piazza contro la Manovra governativa. A suo avviso è “assolutamente insufficiente e, soprattutto, ingiusta. Non va al cuore dei problemi del Paese, della crisi economica e sociale. È un manifesto elettorale per dare un contentino ad alcune categorie ma perde di vista il popolo. E quindi è giusto spiegare pubblicamente agli italiani quali sono le nostre posizioni”. Intervistato dal Corriere della Sera sostiene che “il confronto vero è in Parlamento. Non è che noi diventiamo di colpo un partito che fa della piazza o del populismo la sua cifra”. E su una possibile guerra delle piazze con Giuseppe Conte osserva: “Non abbiamo indetto questa manifestazione per marcare una differenza rispetto agli altri. Non siamo ossessionati dalle altre opposizioni come spesso fanno loro. Se andremo a quella del M5s? Noi siamo contrari all’abolizione del reddito contro la povertà, queste sono battaglie comuni: noi non abbiamo l’ossessione di distinguerci da loro. Si deve fare la guerra alla povertà, non ai poveri. Io comunque non ho paura della piazza di Conte. Non so nemmeno se sia effettivamente convocata. Vedremo se si passerà dagli annunci ai fatti. Noi facciamo la nostra parte e non critichiamo gli altri quando fanno la loro”. Della manovra, Delrio sembra salvare solo “il potenziamento della nostra riforma sull’assegno unico, anche se sono pochi soldi”.

Aggiornato il 25 novembre 2022 alle ore 17:06