Ben venga Pahlavi in Europa, ma gli iraniani non dimenticano la Savak

Va bene sostenere il figlio dello Scià, dargli voce contro il regime iraniano, ma va anche ricordato e scritto di chi è figlio Reza Ciro Pahlavi e quali ricordi ha di lui il popolo iraniano. In passato l’Occidente sbagliò sostenendo (e incensando) l’ayatollah Ruḥollah Khomeini, quando lo ospitava in Europa, durante il suo esilio in Francia da dove trasmetteva i messaggi audio anche grazie alla Bbc Persian, quelle audiocassette mixed by Ruḥollah che avrebbero condannato per sempre l’Iran a vivere sotto la tutela del giurista islamico (velayat-e faqih) e a far diventare l’Iran una nazione che esporta terrorismo nel mondo.

La famiglia Pahlavi ha ancora debiti di sangue da pagare al popolo iraniano. Un popolo che è stato oppresso attraverso la Savak, la polizia segreta che la dinastia Pahlavi usò per tenere sotto controllo l’Iran, per torturare e reprime i suoi stessi “sudditi” che dalle carceri vedevano la corte dello Scià sempre illuminata a festa, sede di lussi e extralussi. Khomeini non è piovuto dal cielo. Nel carcere di Towhid la gestapo dello Scià strappava unghie, bruciava le palpebre degli occhi dei detenuti con le sigarette, straziava con la privazione del sonno, così come nel carcere di Evin dove la Savak era brutale quanto i Pasdaran di oggi. La stessa “mafia paramilitare” capeggiata oggi dalla Guida suprema.

Lo racconta molto bene e dettagliatamente Ryszard Kapuściński nel memorabile libro Shah-in-Shah (edizioni Feltrinelli). È utopico pensare che Reza Ciro Pahlavi possa “rappresentare il futuro dell’Iran”. Il popolo iraniano non dimentica della padella che li ha fatti finire nella brace dei mullah. Per trasformare le proteste in rivoluzione le tante Mahsa – non Masha – non hanno bisogno delle apparizioni dei fantasmi del passato, forse di figure sostenute da una rete di cittadini adeguatamente strutturata e in grado di mettere in crisi la legittimità del potere coercitivo del governo degli ayatollah. Ma se non si indebolirà economicamente la capacità del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche allora ci vorrà molto più tempo per vedere in Iran l’alba di un regime change.

Aggiornato il 04 maggio 2023 alle ore 17:11