Arriva la legge europea contro le “interferenze straniere”

La nuova proposta – ancora in fase di elaborazione – della Commissione europea è di introdurre nell’ordinamento comunitario una norma contro le cosiddette “interferenze straniere”, la quale sarà ricompresa all’interno del nuovo pacchetto di misure per la difesa della democrazia allo studio dell’Esecutivo di Bruxelles. Non si tratta certo di una novità: l’idea era stata avanzata dai vertici dell’Unione già dall'inizio dello scorso anno, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, con l’obiettivo di arginare la diffusione e la pervasività della propaganda russa e, ancor più, il flusso di denaro col quale gli Stati ostili all’Unione notoriamente finanziano vari tipi di organizzazioni simpatizzanti incaricate di fare lobbying nelle istituzioni o almeno di influenzare l’opinione pubblica in un senso a loro favorevole. Già a marzo dello scorso anno il Parlamento europeo aveva approvato a larghissima maggioranza una risoluzione sullo stesso argomento.

Di concreto, al momento, si sa solo che Bruxelles vorrebbe introdurre un registro delle organizzazioni operanti in Europa che ricevono finanziamenti dall’estero, facendone così degli “osservati speciali”: probabilmente allo scopo di bloccare i flussi di denaro e di ridurre i margini di manovra delle organizzazioni “incriminate” nel dibattito pubblico e nelle istituzioni.

La vice-presidente della Commissione, Věra Jourová, denunciando i continui tentativi da parte di Paesi ostili di interferire nei processi politico-decisionali dell’Unione, ha dichiarato che questa legge salvaguarderà non solo il tradizionale assetto democratico, ma favorirà anche la trasparenza obbligando le organizzazioni che operano in Europa a essere chiare sulla provenienza e sull’utilizzo del denaro di cui dispongono. Insorgono, invece, le Organizzazioni non Governative, Amnesty International in testa a tutte, le quali denunciano come l’adozione di un simile provvedimento finirebbe per colpire anche tutte quelle organizzazioni che, pur finanziate anche dall’estero, operano a sostegno dei diritti umani o per il progresso sociale. Una legge “di stampo russo” che non dovrebbe esistere in Europa – così l’ha definita Roland Papp, portavoce di Transparency International – che lungi dal tutelare la democrazia finisce per comprimerla, mostrando oltretutto l’incoerenza di un’Europa che dopo aver segnalato l’Ungheria alla Corte di giustizia Ue per una legge simile e dopo aver condannato il tentativo – poi naufragato – del Parlamento georgiano di introdurre una legge contro i cosiddetti “agenti stranieri”, finisce ora per seguirne l’esempio. Un simile provvedimento – sostengono le oltre duecento Ong che hanno firmato un appello alla presidente Ursula von der Leyen – potrebbe altresì indebolire l’autorità morale dell’Unione e, con essa, la sua pretesa di difendere i diritti umani nel mondo, privandola della sua credibilità.

Davvero le Ong ritengono una simile iniziativa “liberticida” e capace di minare la credibilità e l’autorevolezza dell’Europa in tema di diritti? O, più semplicemente, quello che questo genere di organizzazioni temono veramente è che qualcuno possa chiudere loro i “rubinetti” e che possano improvvisamente trovarsi con un margine d’azione decisamente più angusto di quello che hanno sempre avuto? Questa sì che sarebbe una disgrazia per tali organizzazioni, note anche per la loro pessima abitudine di operare al di fuori di ogni quadro normativo e di controllo, solo perché auto-proclamate promotrici dei diritti umani e, quindi, necessariamente “buone”.

Il fatto è che le democrazie liberali devono difendere se stesse, i loro cittadini e le loro istituzioni dalle ingerenze dei regimi, come quello russo o quello cinese, precludendo loro ogni potenziale via d’accesso alle istituzioni e all’opinione pubblica. Non c’è nulla di illiberale in questo: anzi, simili provvedimenti servono proprio a proteggere una libertà minacciata da Paesi che, facendo leva sul denaro, sulla loro influenza, sui loro contatti e sulla simpatia che talvolta riscuotono nella parte più disinformata e “arrabbiata” della popolazione, cercano di destabilizzare i sistemi liberal-democratici dall’interno.

Ammesso che simili provvedimenti possano andare a intaccare anche l’operato delle Ong, bisogna ricordare che non tutti coloro che finanziano questo tipo di organizzazioni sono dei filantropi dediti alla causa del progresso umano, piuttosto che della giustizia sociale (che rimane comunque un concetto astratto e storicamente rivelatosi pericoloso) o dell’uguaglianza. Anzi, il più delle volte si tratta di personaggi assai loschi che perseguono il loro interesse privato a discapito della stabilità di interi Paesi o della sicurezza della cittadinanza. Senza contare che, non di rado, l’attività stessa di queste organizzazioni risulta essere destabilizzante: è il caso del “tassinaggio del mare”, in buona parte responsabile dell’assalto migratorio che il nostro Paese – e di riflesso tutta l'Europa – sta sperimentando da molti anni a questa parte. Per cui, le ingerenze straniere dalle quali bisogna tutelare la liberal-democrazia europea non è solo quello russe o quelle cinesi, ma anche quelle delle Ong.

Quanto alle accuse di incoerenza che queste organizzazioni muovono all'Unione è sufficiente dire che a fare la differenza – come diceva Adam Smith nel suo trattato sulla morale – spesso sono le intenzioni, i fini con cui si compie la medesima azione. Un conto è sanzionare o controllare l'attività di organizzazioni straniere o legate a Paesi ostili per salvaguardare il potere di un regime; discorso completamente diverso è farlo per difendere i valori di libertà e le istituzioni democratiche. Non c’è alcun paragone tra le due cose. Proprio per questo, l’autorità morale delle istituzioni europee nel difendere diritti e libertà non ne uscirà minimamente intaccata, nel caso in cui un provvedimento del genere vedesse la luce.

Tuttavia, meglio non farsi troppe illusioni: non siamo gli Usa (purtroppo), che ha già mosso i primi passi in questo senso. Noi siamo l’Europa che vuole controllare le ingerenze straniere, ma i cui rappresentanti vanno ossequiosi a Pechino a chiedere a Xi Jinping di far finire la guerra in Ucraina e che si rifiuta di avviarsi verso il sentiero di “decoupling” dalla Cina come chiesto più volte dagli Stati Uniti. Più che di credibilità o di autorevolezza, l’Europa manca di coraggio per fare certe cose.

Aggiornato il 10 maggio 2023 alle ore 09:10