Stato etico e totalitario: la fine della democrazia, l’affermazione del pensiero unico

Si definisce Stato etico quella forma istituzionalizzata dai filosofi Thomas Hobbes e Georg Wilhelm Friedrich Hegel in cui l’istituzione statale è il fine ultimo a cui dovrebbero tendere le azioni dei singoli per la realizzazione di un bene-universale. Nel tempo, tuttavia, il concetto di Stato etico ha assunto una composizione diversa ed è arrivato oggi ad avere una dimensione totalitaria, in cui il bene e il male sono il risultato di un’imposizione indipendente da quello che dovrebbe essere il contratto di base tra Stato e cittadini.

Thomas Hobbes viene considerato il padre della filosofia politica moderna con la sua presa di distanza dalla riflessione del mondo classico sulla socialità e politica dell’uomo; Hobbes inaugura il metodo contrattualista dove gli uomini troveranno regole comuni, sacrificando parte della libertà in cambio della tutela e del rispetto delle regole stabilite e faranno riferimento a un unico grande rappresentante istituzionale, che definisce come Leviatano. In questo senso Hobbes viene definito il principale teorico dello Stato assoluto – o assolutismo – in cui il sovrano è considerato al di sopra della legge universale.

Dopo Hobbes, Hegel – filosofo idealista – definisce lo Stato come sostanza etica consapevole in sé; lo Stato è l’espressione più elevata dell’eticità, teoria in netto contrasto con il giusnaturalismo e il contrattualismo della filosofia politica moderna. Lo Stato, affermava Hegel, è fonte di libertà e norma etica per il singolo e si pone come fine supremo e arbitro assoluto del bene e del male. Tuttavia, lo Stato hegeliano non è uno Stato assolutista e totalitario vero e proprio, ma un’unità organica vivente che si deve adattare alle naturali circostanze evolutive della società umana. Lo Stato etico per Hegel è l’ultimo momento dello spirito soggettivo e di spirito oggettivo. Hegel afferma che la libertà è e resta in ogni tempo la condizione storica della filosofia, a partire dall’antica Grecia. Per Hegel, nello Stato si dovrebbe trovare una combinazione tra bene comune e bene personale nei limiti dovuti dall’interazione dei singoli individui. Alla posizione di Hegel si contrappone poi la critica di Karl Popper che definisce lo Stato etico come società chiusa rispetto allo Stato di diritto, che è proprio di una società aperta.

La teoria dello Stato etico fu poi ripresa nel Novecento e usata per spiegare lo Stato fascista e quello comunista, che di fatto furono totalitari, dove cioè le libertà personali venivano represse in funzione delle regole sovraordinate da parte del “Leviatano” di Hobbes. Le successive Costituzioni democratiche, che hanno governato fino al secolo scorso le regole dello Stato di diritto, fondano il loro essere su un fragile equilibrio fra diritto e libertà, fra interesse pubblico e tutela delle minoranze che si oppone al pensiero unico.

Oggi ci troviamo in uno Stato etico oppressivo, perché se la democrazia liberale riconosce e difende la libertà di espressione, ponendo come limite la tutela della dignità umana, l’estremismo progressista vorrebbe al contrario la censura di tutto ciò che non è in linea con il pensiero unico, che viene proposto dall’élite che sembra avere una governance globale. E impone le sue regole del bene e del male da lei stessa definita, in funzione di un cambiamento culturale tale da rispondere ad interessi superiori.

La cancel culture è la rappresentazione più distruttiva di un monopolio culturale, che cancella la libertà di espressione e della democrazia reale sempre più in bilico per la sua sopravvivenza. La cancel culture dilaga nelle università dove ai docenti non allineati viene vietato di parlare, nelle piazze dove vengono abbattute statue come quella di Winston Churchill (dichiarato fascista), di Abraham Lincoln e di Cristoforo Colombo (ritenuti razzisti). E ancora nel giornalismo, dove si impongono modalità espressive che non offendono la sensibilità di alcuno. Poi nella politica, che cavalca il pensiero unico. E il dibattito sul gender e sull’economia green diventano i cavalli di battaglia di un pensiero unico che nel non-pensiero della società diventano una monarchia culturale senza freni. Sentire la segretaria del Partito Democratico che inneggia a una società libera senza freni al gender, inanellando più di dieci sigle a cui potrebbe aggiungere gli indiani apache, i mescaleros, gli hutu, i pigmei del Borneo senza fare una piega, ma mostrandosi come esempio di universalità tanto tutto fa brodo.

Ci si dimentica dei problemi veri come la disuguaglianza, la povertà, la disoccupazione, il degrado morale dei giovani spinti all’ideologia del cambio di gender. È così che si passa dallo Stato di diritto allo Stato etico assolutista dove censura, dimissioni, repressione e gogna pubblica sono la fine dei non allineati. Il fenomeno dilaga nei Paesi anglosassoni senza più un punto di riferimento etico e morale, dove fanno alla svelta a cancellare la poca cultura che hanno. L’attacco alla democrazia liberale è basato su un populismo securitario che riscopre lo Stato forte che protegge il cittadino sempre più solo, indifeso e confuso, ma anche più facile da dominare e governare. Così lo Stato etico entra di forza nella vita dei privati, proponendo modelli assoluti da seguire ordinatamente, scardinando il sistema sociale che si trova alla mercé del pensiero unico.

Accanto al gender fa da mito e da Bibbia l’economia green funzionale a interessi superiori, ma che rischia di mandare in rovina la classe media. Scardina la gerarchia sociale, dove i super-ricchi impongono la loro cancel culture, indifferenti ai drammi sociali che stanno creando.

Il mondo occidentale si sta costruendo la sua pietra tombale con una forma di nichilismo estremo e senza speranza, che sposa un globalismo senza regole morali. Il globalismo è un’ideologia complessa, che contrappone un’apparente libertà smisurata con i social invasivi e talora criminali e un controllo sempre più profondo e invasivo delle opinioni espresse dai social. Viviamo in una libertà effimera che diventa da condannare, se usciamo dalle opinioni consentite e dalle idee politicamente corrette. Viviamo in un’illusione di libertà sconfinata, edonistica senza limiti morali che siano espressione di una minima decenza, ma governati da una ristretta oligarchia che controlla, guida e punisce senza pietà i poveri e innocenti trasgressori.

Siamo in un mondo etereo, fatto di giochi e illusioni, ma preda di un pensiero unico che si è posto l’obiettivo di cambiare il mondo. Eppure, di fronte a questa discesa nell’inferno, non sembra che ci sia una sola voce di protesta ma un infinito gregge di lemming che si stanno gettando nel burrone.

(*) Professore emerito dell’Università Luigi Bocconi

Aggiornato il 05 luglio 2023 alle ore 09:22