Ora più che mai una ricetta liberale: intervista a Nevi (Forza Italia)

C’è un viaggio lungo trent’anni. E che guarda avanti, soprattutto dopo l’ultima tornata elettorale in Abruzzo. Nel percorso, il livello dei decibel è alto. E la musica è rock (“amo Vasco Rossi, ultimamente ho visto il documentario We are the World: La notte che ha cambiato il pop. Penso che si addica molto al nostro momento”). Raffaele Nevi, vicepresidente dei deputati di Forza Italia e portavoce degli Azzurri, è in campo dal 1994. Si fa le ossa nella Gioventù liberale poi sposa la causa di Silvio Berlusconi (“interpretava ciò che avevo in testa e nel cuore”). All’Opinione traccia un bilancio delle recenti Regionali, con uno sguardo al presente e al futuro. Affiancato da una certezza: interpretare i dettami e la volontà di una forza politica moderna, agganciata ai valori del liberalismo che, volenti o nolenti, hanno un loro quid nella cultura politica italiana.

Si è parlato tanto di campo largo. Ma alla fine è prevalso il campo coeso…

Sì, gli elettori hanno apprezzato un centrodestro unito, compatto nelle idee. E nella condivisione dei valori. C’è un centrodestra nazionale e locale che governa bene e che è riuscito, negli anni, ad amministrare positivamente in Abruzzo. Nel Paese c’è coesione e pure la volontà di andare avanti, per aiutare il mondo produttivo, per investire nella sicurezza, per aumentare la qualità dei servizi, per diminuire gli sprechi. In Abruzzo, la classe dirigente locale di qualità ci ha consentito di ottenere un buon risultato.

Forza Italia: exploit in Abruzzo? E ora?

Mi lasci innanzitutto dire: è la prima volta che superiamo il risultato delle Politiche. Già, Forza Italia in queste Regionali è andata al di sopra del dato delle Politiche. Significa che c’è un incoraggiamento che si è trasformato in voti reali. In tal senso, c’è una componente locale di qualità accanto a un clima positivo creato da Antonio Tajani, che è frutto del percorso di riattivazione dal basso del partito, fino alla celebrazione del Congresso. È presente una forte identità valoriale e liberale. Per il futuro, dobbiamo associare il radicamento territoriale e la classe dirigente con la necessità di spingere il centrodestra nella direzione di una ricetta liberale, riformista, europeista, atlantista. Ovvero, la base della fondazione del centrodestra di Silvio Berlusconi.

In molti, ora, vi guardano e stanno strizzando l’occhio in vista di possibili alleanze a livello locale…

Noi guardiamo ai tantissimi elettori moderati e ai pezzi di civismo che stanno affacciandosi e che stanno bussando alla nostra porta. Forza Italia ascolta con interesse chi rappresenta i nostri valori, i nostri ideali. Sia chiaro: non siamo un partito che apre a tutti, selezioniamo gli ingressi. Non vogliamo diventare un taxi, ecco. Invece, cerchiamo di imbarcare chi ha intenzione di credere in questo progetto, per aggiungere consenso al centrodestra. In Abruzzo, ad esempio, abbiamo drenato dalla nostra parte voti di chi, prima, guardava nell’alveo del centrosinistra.

Quali saranno le intese da mettere in campo da qui in avanti?

Le intese in campo saranno con chi condivide le nostre idee e la nostra impostazione. Il bipolarismo, a quanto emerge, è nella testa degli elettori. Ed è una realtà. Dal canto nostro, pensiamo che sussista uno spazio per rafforzare il centro nel centrodestra. Ritengo, peraltro, che anche gli amici di Azione e Italia viva abbiano capito che, da questo punto di vista, è dura stare fuori dai poli. Chi ha una impostazione culturale in linea con noi può aggregarsi. E aiutarci.

Dopo la morte di Silvio Berlusconi, è stato coniato il termine di Forza Italia 2.0 eppure sembra che il cammino non si sia mai interrotto.

La cosa bella è questa. Il lascito vero è che non c’è un erede. Bensì un popolo, una classe dirigente ampia confluita insieme, attorno al segretario Tajani, per portare avanti quel sogno, quelle idee che sono attuali. Ancora oggi c’è bisogno di una forza autenticamente liberale, che abbia a cuore temi come la riforma della giustizia, le infrastrutture, il protagonismo del privato anche nella gestione dei servizi pubblici. Una forza liberale è necessaria. Cambiano i tempi, ma noi intendiamo attualizzare tutto ciò. Perché a non mutare sono i valori di riferimento. Questo, sì, è il lascito del Cavaliere.

Aggiornato il 14 marzo 2024 alle ore 14:46