Annamaria Furlan: “Bisogna tutelare i cittadini dimenticati”

“Vogliamo ripartire dalle periferie urbane, sociali e del lavoro, laddove lo Stato e le istituzioni non arrivano per tutelare e salvaguardare i bisogni dei cittadini ‘dimenticati’, di tanti lavoratori sfruttati, sottopagati, senza tutele e diritti essenziali”. Così Annamaria Furlan, dall’8 ottobre del 2014 segretaria generale della Cisl.

Attraverso la contrattazione si creano le condizioni per creare una comunità del lavoro dove non ci siano “ultimi” e per ridare speranza ai troppi giovani esclusi dal mercato del lavoro.

Questo è l’obiettivo strategico che abbiamo sancito nella nostra recente Conferenza nazionale organizzativa. Non possiamo chiudere gli occhi e rimanere in silenzio di fronte al degrado, all’indifferenza, all’emarginazione, alla dignità negata a tante persone, di chi il lavoro non ce l’ha ed è costretto spesso a rivolgersi all’economia illegale. La nostra è una battaglia sindacale ma anche di civiltà.

Lei ha ricordato come sia necessario ascoltare il disagio, offrirgli un ancoraggio completo di speranza che restituisca ai giovani la voglia di scommettere sul futuro, non rinunciando al presente e dia ai meno giovani un aiuto per la propria condizione che spesso significa solitudine e indigenza.

Il tema dei giovani è spesso solo un’occasione di propaganda politica o di speculazioni elettorali. Noi vogliamo invece aprire una fase davvero nuova con proposte serie, concrete, costruire le condizioni per una nuova stagione d’inclusione, di diritti di cittadinanza, di solidarietà e di lavoro per i giovani. Questo è il tema centrale. Ogni anno centinaia di migliaia di giovani, tra cui tante donne laureate delle regioni meridionali, lasciano il nostro Paese, nell’indifferenza generale. È un grave depauperamento sociale, economico e culturale. Il lavoro per i giovani viene solo dagli investimenti pubblici e privati in innovazione, ricerca, formazione per le nuove competenze digitali richieste oggi dalle aziende. Servono assunzioni di giovani medici, infermieri, ingegneri, tecnici nella pubblica amministrazione e nei servizi pubblici che oggi sono al collasso. Ci vogliono anche incentivi fiscali mirati per favorire le assunzioni nelle zone dove ci sono migliaia di disoccupati. Dobbiamo fermare questo esodo continuo di persone. Il governo invece ha tagliato i fondi per l’alternanza scuola-lavoro e ha praticamente annullato gli incentivi del piano di impresa 4.0. Una follia, un errore strategico che speriamo di poter recuperare nella prossima manovra.

Lo scorso anno, commentando un’intervista di Papa Francesco, lei affermò come fosse davvero profondo e di grande importanza il messaggio di Papa Francesco ed invitò istituzioni, politica, imprese, sindacati a ripartire dalla centralità della persona umana nello sviluppo delle attività economiche e lavorative.

Sì, proprio due anni fa, il giorno di apertura del nostro congresso nazionale, il Santo Padre, Papa Francesco, in un’udienza speciale con i delegati della Cisl ci aveva incoraggiato ad occuparci nella nostra quotidiana azione sindacale delle periferie esistenziali, le nuove frontiere della fraternità, dove il disagio è forte e la dignità delle persone è ogni giorno messa in discussione. Ed è molto significativo che il Santo Padre sottolinei nei suoi costanti appelli come “la crescita è sempre il risultato dell’impegno per il bene della comunità”. Questo deve essere l’obiettivo che tutti i soggetti sociali, a partire dal sindacato. Bisogna saper realizzare un incontro costruttivo tra capitale e lavoro, mettendo al centro la persona, le sue capacità, le sue prerogative, i suoi diritti di cittadinanza. Una strada che già il “Patto per la Fabbrica” firmato dai sindacati con la Confindustria ha indicato con molta chiarezza, puntando sulla partecipazione, sulla formazione e sulle competenze come strumenti fondamentali per innalzare la competitività e la qualità del sistema produttivo. Come sottolinea Papa Francesco: ”è il lavoro che conferisce dignità all’uomo”, non il denaro. La partecipazione e la redistribuzione della ricchezza, la responsabilità sociale, il welfare aziendale, la parità di trattamento salariale tra uomini e donne, la conciliazione tra i tempi di lavoro ed i tempi di vita, la capacità di innovazione, il rispetto del giusto riposo domenicale e festivo: sono questi i concetti chiave su cui la Cisl, è impegnata con coerenza e senso di responsabilità per costruire una società solidale in cui nessuno sia escluso dalle opportunità di crescita economica e sociale.

Il 30 aprile 1950 nasce la Cisl. Si è modificato in tutti questi anni il codice genetico della organizzazione sindacale che dirige?

Direi assolutamente di no. Dal 1950 ad oggi la Cisl continua determinata a percorrere un cammino importante proprio di un grande sindacato riformista, pluralista, autonomo dalla politica che continua a guidare con i suoi valori, le sue proposte, le sue scelte libere le trasformazioni economiche e sociali del nostro paese nel solco del fondatore Giulio Pastore. Lo facciamo con le nostre categorie attraverso una contrattazione moderna, nei territori con le nostre strutture, nei nostri enti e patronati che offrono servizi efficienti ai nostri iscritti ed a tutti i cittadini.

Sanità pubblica e stato sociale: sono diventati un lusso?

Certamente la firma del contratto nazionale dei medici e dei dirigenti del servizio sanitario nazionale è una buona notizia dopo dieci anni di attesa. Si premia la loro professionalità e si valorizza soprattutto il ruolo dei giovani medici attraverso nuove garanzie contrattuali e tutele economiche specifiche. Ma questo non basta. Il nostro sistema sanitario pubblico è chiaramente oggi in uno stato di sofferenza. Il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil in Italia è al 6,4 per cento, quando l’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che sotto il 6,5 per cento non è garantito il diritto alla salute. Abbiamo delle strutture fatiscenti in molte regioni, i livelli di qualità delle prestazioni sono a macchia di leopardo, anche perché manca il personale specializzato negli ospedali, dove i tempi di attesa per un intervento o un esame sono oggi molto lunghi e farraginosi. Centinaia di migliaia di persone sono costrette a fare le valigie per andarsi a curare lontano dalla propria casa e dai propri familiari. Stiamo parlando di un milione di italiani che ogni anno si spostano, con un costo importante che precarizza il sistema della sanità. Questo è il quadro. Non è in discussione la professionalità dei nostri medici e di tutto il personale infermieristico. Il problema è evitare la fuga dei nostri medici nelle strutture private o all’estero. Bisogna dare risposte al disagio della categoria, a causa delle carenze strutturali di risorse economiche ed umane, affrontare in maniera strutturale la questione dell’invecchiamento della popolazione e della non autosufficienza. Bisogna investire con una strategia nazionale nel Sistema sanitario, garantendo a tutti i cittadini quelle cure e quei livelli di assistenza che la Costituzione invoca come diritti imprescindibili.

Se lei non avesse fatto la sindacalista cosa avrebbe voluto fare?

Ho scelto con convinzione di impegnarmi nel sindacato. Una scelta di vita anche difficile, a volte complicata per una donna, che vuole conciliare il proprio lavoro con la famiglia. Ma fare qualcosa per gli altri, farsi carico dei problemi delle persone più deboli, è stato sempre uno degli obiettivi della mia vita, quello che mi ha sempre gratificato dei tanti sacrifici e della vorticosa attività sindacale. Probabilmente se non avessi fatto la sindacalista avrei fatto l’insegnante o l’avvocato, chissà. Ma il mio impegno sarebbe stato sempre nel sociale, per il bene comune, accanto alle persone, nello spirito di servizio e di impegno collettivo per cambiare in meglio la società italiana che ha contraddistinto la mia generazione.

Se dovesse fare un primo bilancio di questi anni come segretaria della Cisl, quali punti metterebbe in risalto?

Penso che il bilancio sia positivo. Abbiamo rinnovato quasi interamente il gruppo dirigente, cambiato il volto dell’organizzazione, puntando ad una leadership diffusa, dando più spazio ai nostri delegati nei luoghi di lavoro, ai giovani, alle donne, agli immigrati. Abbiamo fatto passi avanti importanti e concreti anche nella trasparenza dell’utilizzo delle nostre risorse. Abbiamo messo al centro la tutela della persona e la dignità del lavoro, proprio perché persona e lavoro sono due fattori imprescindibili nella nostra visione culturale, due valori importanti che si completano a vicenda. Ma in questi anni abbiano cercato anche di innovare le relazioni sindacali, di costruire un sindacato nuovo, autorevole, capace di contrattare, guidare i cambiamenti e confrontarsi con tutti gli interlocutori con proposte serie, concrete. Ed è importante anche aver ritrovato un rapporto unitario con Cgil e Uil, attraverso piattaforme comuni ed una unità che deve partire dal basso, in un processo di condivisione di obiettivi, strategie, percorsi di confronto e di mobilitazione.

Quante rinunce ha dovuto fare Annamaria per poter essere oggi “la Furlan”?

È chiaro che per tutte le donne è sempre difficile conciliare gli impegni di lavoro ed i carichi familiari. Fare poi la leader nazionale di una grande organizzazione come la Cisl, con tante categorie e milioni di iscritti, comporta delle rinunce e dei sacrifici. Per questo sono grata alla mia famiglia per avermi sempre aiutato e sostenuto nella mia scelta. Per fortuna ho avuto una famiglia quasi tutta al femminile: mia madre, tante zie, donne straordinarie che si sono occupate di mio figlio e che non finirò mai di ringraziare per la loro amorosa supplenza.

La Cisl. E dopo? Quando lascerà il sindacato?

Non ho mai fatto progetti per il mio futuro. Preferisco concentrarmi sempre sul presente, facendo bene il mio lavoro, con grande determinazione e coerenza, in difesa degli iscritti della Cisl e di tutti i lavoratori. Ma una cosa mi sento di dire: il mio impegno nel sociale, accanto alle persone più bisognose, non cesserà mai.

@vanessaseffer

Aggiornato il 25 luglio 2019 alle ore 14:08