Emergenza Covid-19 e diritto alla salute

Sulla gestione dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia del Covid-19, molteplici sono state, sono e saranno le polemiche, spesso anche fondate. Oltre il livello superficiale della polemica meramente politica o perfino ideologica, tuttavia, esiste il livello più profondo del diritto, il quale richiede una necessaria visione anti-ideologica della realtà e una autentica sensibilità umana. In questo senso, la pandemia non soltanto ha posto sotto stress libertà, valori e meccanismi che si ritenevano consolidati e ben funzionanti secondo la tradizione della democrazia e dello Stato di diritto occidentale, ma ha anche messo in crisi l’effettiva tutela di alcuni diritti fondamentali come il diritto alla salute. In questo senso, si pensi, alla decisione adottata lo scorso ottobre dall’Accademia svizzera delle Scienze mediche e dalla Società svizzera di Medicina intensiva le quali hanno elaborato un protocollo, secondo cui individuare quattro categorie di pazienti da escludere dalle terapie intensive nel caso di incremento di accessi alle stesse. Le categorie individuate sono i soggetti di età superiore agli 85 anni; quelli di età superiore ai 75 anni con insufficienze renale cronica, cirrosi epatica, o insufficienza cardiaca; quelli in arresto cardiocircolatorio; quelli con malattie degenerative allo stadio finale. Poca attenzione è stata posta dalla stampa nazionale e internazionale a tale vicenda che, sebbene riguardi la Svizzera, costituisce un precedente significativo – e potenzialmente emulabile – nello scenario globale della gestione dell’attuale crisi sanitaria mondiale.

Alla luce di ciò, ci si chiede: si può sacrificare il diritto alla salute e perfino il diritto alla vita di soggetti che pur anziani o disabili non hanno espresso un consenso in tale direzione? Il principio di autodeterminazione – vero totem della cultura giuridica, politica ed etica del mondo occidentale contemporaneo – viene radicalmente negato? In virtù di cosa? Per motivi contabili? Per motivi economici? In un’ottica liberale, per esempio, un anziano che per tutta la vita è stato costretto a sopportare un alto gravame fiscale, sostentando il sistema sanitario pubblico, non avrebbe diritto – forse perfino più degli altri – ad accedere a quei servizi che ha “finanziato” per tutta una intera vita e di cui ha bisogno per di più durante una grave crisi sanitaria come quella attuale? In un’ottica socialista, ancora per esempio, può accettarsi che un soggetto socialmente vulnerabile possa veder compresso, o perfino soppresso, il proprio diritto di esistere e di tutelare la propria integrità psico-fisica poiché, per motivi economici, non sono stati potenziati i reparti di terapia intensiva così da garantire una eguale protezione di un fondamentale diritto umano quale è quello alla salute? In un’ottica cristiana, ancora per esempio, è possibile ignorare l’esempio del buon samaritano, che aiuta in modo gratuito e disinteressato il suo prossimo più fragile, facendo degli ospedali degli enti più attenti alle ragioni contabili aziendali e dei medici dei burocrati “econometrici”, piuttosto che alle ragioni etiche umane alla base della professione medica? Oltre a ciò, su cui ciascuno può opinare in base al proprio credo politico o religioso, su tutti si impone l’oggettività dell’ottica autenticamente giuridica.

In quest’ultima prospettiva, lo Stato e l’ordinamento non possono sacrificare né per ragioni economiche, né per ragioni di altra natura, il diritto alla salute senza negare i fondamenti della stessa democrazia e la natura e la funzione del diritto in sé considerato che, è bene ricordarlo, nasce ed opera in opposizione alle pretese del più forte e in vista della tutela dei più deboli e dei più fragili. Dimenticare tutto ciò significa non soltanto trascurare l’effettiva comprensione del diritto, ma avallare la condanna a morte di alcuni innocenti che non hanno altra colpa se non quella di essere anziani o disabili, dovendosi, invece, tenere presente, proprio sulla scorta delle pesanti lezioni impartite dalla storia recente del XX secolo, che la morte di un innocente segna sempre la fine dello Stato di diritto, così come la fine dello Stato di diritto è sempre segno che altri innocenti sono destinati a morire.

Aggiornato il 23 dicembre 2020 alle ore 11:51