Loggia Ungheria: un’altra occasione perduta?

Non intendo fornire il sequel dei precedenti opinionisti sulla, per ora, fantomatica Loggia Ungheria, che insieme alla diatriba beneventana Clemente Mastella/Cinquestelle sui candidati massoni all’assise comunale presentati come scudi umani in battaglie politiche, sta occupando le pagine dei giornali e le avvilite menti degli italiani. Intendo invece prendere spunto da questi due fatti, e dalle reazioni susseguite in ambienti massonici numericamente importanti, tra una scontata retorica ed un superbo silenzio, per evidenziare un paio di considerazioni.

Entrambi gli avvenimenti citati evidenziano anche ai ciechi il basso livello di reputazione sociale che gode attualmente la massoneria italiana, presa a schema di malaffare in un caso e a modello di oscura ambiguità dall’altro. A compensare questo vulnus non bastano né le Giornate Fai né i prestigiosi convegni con i preti, né lo starnazzo puntuale dell’oca del Gianicolo. Come bene ha precisato Luigi Pruneti, storico e massone di lungo corso, nella sua intervista del 19 maggio scorso a Pierpaola Meledandri, “il capro espiatorio è un archetipo irrinunciabile, l’uomo ne ha necessità per scaricare le proprie angosce, frustrazioni e, in taluni casi, responsabilità”.

E allora, se la massoneria italiana, a cominciare dai rappresentanti delle maggiori obbedienze, vuole affrancarsi da questo giogo, ha un’unica strada da percorrere: riunire in una struttura associativa (comitato, federazione) i gran maestri delle varie obbedienze nazionali, come hanno fatto e fanno i massoni francesi quando vedono minacciati i loro ben consolidati diritti, e formulare una proposta di legge su status, diritti e doveri dei massoni, da affidare a tutte le formazioni politiche, con l’ovvia auto-esclusione dei fascio-populisti, per presentarla in sede parlamentare.

Una proposta che evidenzi esplicitamente da un lato l’abolizione di qualsiasi segreto che non sia il segreto iniziatico, inesprimibile per sua natura, e dall’altro la garanzia di tutela, con l’abolizione del divieto di appartenenza a categorie speciali di cittadini (magistrati) a logge massoniche. Solo così chi vorrà continuare potrà vivere la propria esperienza massonica in maniera serena, non più perseguitato dallo stigma sociale. Gli altri, i fautori del fascino del mistero o del business o del malaffare, dovranno industriarsi ad individuare altri contesti per sopravvivere.

Ma i massoni italiani sono maturi per una simile rivoluzione epocale? Prevarranno ragioni di “regolarità” formale o di primazia dinanzi alla sopravvivenza dell’istituzione massonica?

Aggiornato il 24 maggio 2021 alle ore 12:11