Toghe e pandemia – Parte II: la situazione internazionale

La reazione giurisprudenziale alla illegittimità, alla infondatezza scientifica e giuridica, alla ideologica durezza immotivata di molte misure anti-pandemiche non si registra soltanto in Italia, ma fortunatamente un po’ dovunque nel mondo. Come si sa, infatti, già nel dicembre del 2021 in Spagna il Tribunale Supremo aveva specificato che secondo l’attuale stato della scienza un intervento normativo ai fini del contenimento della pandemia fosse da considerare infallibile nell’impedire la trasmissione e il contagio della malattia dichiarando quindi illegittimo il Green pass spagnolo. In Francia, il Consiglio costituzionale nel gennaio 2022 aveva accolto il ricorso di diversi politici francesi contro il provvedimento del Governo che subordinava la libertà di partecipare alle riunioni politiche all’esibizione della tessera sanitaria da cui risultava la vaccinazione anti-Covid. Anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha avuto modo di interessarsi della legittimità delle restrizioni dei diritti fondamentali occorsi in tempo pandemico, tanto che, con la sentenza dello scorso 15 marzo 2022, nel caso Cgas vs Svizzera, ha sancito come le misure adottate dal Governo svizzero contro la libertà di associazione pacifica durante la pandemia siano state sproporzionate e addirittura in violazione di un ordinamento democratico e come tali contrarie all’articolo 11 della stessa Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, che proprio la libertà di associazione riconosce e tutela.

Anche al di là dell’Oceano Atlantico, peraltro, le sentenze di censura contro l’illegittimità delle misure anti-Covid non hanno tardato ad essere pubblicate, e perfino ai più alti livelli. La Corte Suprema degli Stati Uniti, infatti, già nel dicembre del 2020 aveva avuto modo di pronunciarsi contro le restrizioni per l’accesso ai luoghi di culto disposte dal Governatore dello Stato di New York, avendo cura di precisare ciò che al di qua e al di là dell’Oceano i più hanno dimenticato e cioè che anche in caso di pandemia la Costituzione non può essere dimenticata, intendendo con ciò che le misure anti-Covid si sono poste in contrasto con la Costituzione americana e che quest’ultima tutela diritti che non possono essere violati dalle misure anti-pandemiche. Pure in una seconda pronuncia del gennaio 2022, sempre la Corte Suprema degli Stati Uniti ha censurato l’obbligo vaccinale anti-Covid disposto dall’autorità federale della salute sul lavoro, precisando che l’emergenza sanitaria non può vanificare il principio di separazione dei poteri tanto da consentire ad una agenzia federale di avocare per sé un potere che, in ragione del personalissimo diritto alla salute, spetta al Congresso statunitense esercitare.

E, infine, proprio di recente, la Corte Suprema di New York ricordando come il vaccino anti-Covid non offra la protezione sperata, ha reintegrato i dipendenti comunali sospesi perché non vaccinati precisando, tra le altre cose, che “se si trattasse di sicurezza e salute pubblica, il Commissario alla Salute avrebbe statuito l’obbligo di vaccinazione a livello cittadino per tutti i residenti (…). Se si trattasse di sicurezza e salute pubblica, nessuno dovrebbe essere esentato. È tempo che la città di New York faccia ciò che è giuridico e ciò che è giusto”.

Da questa breve, ma rappresentativa panoramica si possono trarre alcune considerazioni rilevanti.

In primo luogo: la gestione della pandemia, in Italia e all’estero, è stata ben lungi dall’essere giuridicamente corretta, comportando la compressione e spesso la soppressione di diritti costituzionali fondamentali e naturali che per la loro stessa sostanza non avrebbero potuto e dovuto essere violati.

In secondo luogo: la classe giuridica, sia all’estero che in Italia, non ha saputo reagire durante la gestione della pandemia contro gli abusi che governi, legislatori e amministratori hanno compiuto seppur in nome dell’emergenza sanitaria in atto, dimostrandosi così non soltanto lenti nel porre in essere le proprie stesse conoscenze giuridiche, ma anche e soprattutto, e ancor peggio, sostanzialmente inutili poiché un giurista che non riconosce un abuso contra legem et contra ius e che non sa reagire contro di esso rinnega se stesso e dimostra di non essere realmente un giurista.

In terzo luogo: la lenta, e spesso tardiva, reazione dei tribunali di merito e di legittimità, di ogni ordine e grado, sia in Italia che all’estero, dimostra non soltanto che violazioni di leggi, norme e principi ci sono state, e anche più numerose di quanto i più sprovveduti possano ritenere, ma soprattutto che l’integrità dello Stato di diritto è ben più fragile di quanto potesse apparire prima della pandemia medesima.

In quarto luogo: coloro che ancor oggi – specialmente se giuristi – non si rendono conto della gravità dell’accaduto e che continuano a giustificare tutto quanto occorso semplicemente sulla scorta della motivazione emergenziale si pongono al di fuori di ogni capacità riflessiva e di esercizio del pensiero in ossequio al principio di ragione, rifugiandosi nel mero formalismo del principio di autorità, un po’ come accadde con i giuristi tedeschi alla fine del Secondo conflitto mondiale ai quali fu chiesto come avessero permesso tutto ciò che era stato compiuto, rispondendo essi che si erano limitati, in sostanza, ad obbedire all’urgenza del comando formalmente corretto più che alle esigenze della giustizia sostanziale.

In quinto luogo: le sentenze che in Italia e nel mondo si stanno moltiplicando dimostrano che era necessario gestire giuridicamente l’emergenza sanitaria invece di plasmare sanitariamente il diritto come è stato fatto con l’incredibile e silente complicità della maggioranza della classe giuridica.

In conclusione: saranno necessari ancora mesi e anni, molti, molti anni, prima che attraverso la via dei tribunali siano accertate le responsabilità e sia fatta giustizia sulla gestione di quella crisi sanitaria che la pandemia è stata e che ha portato alla luce una ancor più preoccupante crisi dei giuristi, rivelatisi incapaci – nel momento del bisogno e nell’ora fissata per loro dalla storia – di difendere lo statuto epistemico della propria disciplina, i principi generali dello Stato di diritto e le garanzie minime essenziali di tutela della persona.

(*) Qui per leggere la prima parte

Aggiornato il 07 novembre 2022 alle ore 10:54