Il rilancio del regime penitenziario e del trattamento

Con la circolare 3693/143 del luglio 2022 il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Carlo Renoldi, ha espresso le “direttive per il rilancio del regime penitenziario e del trattamento”. Con tale documento, tra le altre indicazioni riguardanti la complessa materia, ha voluto precisare che per “contrastare il fenomeno dell’ozio e della inoperosità” occorra coinvolgere “le persone detenute per molteplici attività valorizzando tutte le risorse umane disponibili per sollecitare l’autodeterminazione e auto-organizzazione sotto il sapiente indirizzo delle Direzioni”.

È certamente molto apprezzabile il richiamo del Capo del Dap, al quale sommessamente ci permettiamo di inviare qualche commento, nel momento in cui sollecita iniziative volte a suscitare interesse all’impegno culturale e/o lavorativo che sia da parte dei detenuti. Sta di fatto però che l’attuale sistema direzionale del carcere sembra essere non soltanto carente di mezzi e spazi adeguati, ma sprovvisto soprattutto sul piano organizzativo del management interno alla struttura, quando non addirittura carenza di personale dirigenziale (direttori e provveditori).

La perizia di saper integrare attorno ad un progetto comune (teatro, scuola, lavoro, ecc.) anche la realtà dedicata alle infrastrutture penitenziarie destinate alle diverse capacità ed interessi, necessiterebbe di una particolare esperienza per i rendimenti attesi, in grado di pianificare lo sviluppo proattivo nel carcere tenendo ben presente l’idea-progetto, basata su strategie destinate alla detenzione. Parrebbe auspicabile in tal senso definire per la gestione e la manutenzione dellʼedilizia penitenziaria unʼunica figura “commissariale” che concentri in sé i poteri di governance potendo decidere in piena autonomia, ma di concerto con chi il carcere lo conosce davvero, al di fuori di ogni logica emergenziale o correntizia, per chi deve realizzare il carcere, dove realizzarlo, come realizzarlo e come gestirlo o come ristrutturarlo se preesistente. In altre parole è auspicabile creare una specifica struttura collegata con il territorio operante in un nuovo clima culturale, amministrativo ed economico-finanziario, con lʼobiettivo di assicurare agli edifici carcerari presenti e futuri tutte le qualità che come ambienti di vita e di lavoro sono dovuti, operando nel senso di un più attento e oculato uso delle risorse economiche pubbliche e private. Meglio ancora se sganciate da attribuzioni precedenti che a nulla di positivo hanno portato finora nella soluzione dei problemi delle carceri.

A tal fine, anche in funzione di quanto ha affermato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, non è più rinviabile promuovere un disegno strategico che punti per i prossimi anni ad un progressivo e costante abbassamento della popolazione carceraria, mediante un migliore utilizzo del lavoro come strumento alternativo alla detenzione destinato anche al recupero delle più qualificate preesistenze architettoniche destinate alla carcerazione. Un programma da attuare a seguito di uno specifico protocollo di responsabilizzazione e riqualificazione del detenuto, strappandolo alla noia, alla alienazione e, finalmente, alla depressione suicida, disponendo anche di un quadro organico di modalità diverse di scontare la pena concordato con gli enti locali e con le iniziative del terzo settore. Dietro il grande mondo dei servizi sociali sul territorio, c’è una realtà economica e produttiva che muove dal turismo alla produzione dell’intera filiera agroalimentare integrata, dall’industria manifatturiera, alla distribuzione e alla vendita, dall’assistenza presso i servizi territoriali sanitari, al sostegno sociale presso le Onlus e associazioni di volontariato, al variegato mondo delle costruzioni così ricco di tante diverse specialità lavorative.

La “ripresa sociale” di cui molto si parla, insieme all’attesa riforma della giustizia in generale, potrebbe iniziare anche da qui. Dal momento che nessun singolo progettista od organizzazione può prendere in considerazione in modo adeguato tutte le molteplici esigenze della comunità nella pianificazione di un centro di detenzione, il ruolo del responsabile dello sviluppo progettuale durante questa prima fase deve essere come membro di un team specializzato sotto il presente coordinamento della struttura commissariale.

(*) Vicepresidente Cesp (Centro Europeo Studi Penitenziari)

Aggiornato il 08 dicembre 2022 alle ore 19:28