Cellulari in classe: quando un “no” fa bene

Il ministro dell’istruzione e del merito dichiara di voler vietare l’uso dei cellulari in classe suscitando aspre polemiche: sono davvero fondate?

Nelle ultime settimane il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha più volte dichiarato di volere vietare ai ragazzi di usare i telefonini durante l’orario scolastico. L’iniziativa è stata oggetto di un dibattito, segnato per lo più da critiche pretestuose, fondate su un ipotetico approccio autoritario e, dunque, su ragioni di carattere ideologico.

Vale la pena, in proposito, ricordare che normative analoghe alla proposta del Governo italiano sono in vigore in altre liberaldemocrazie, tra cui la Francia (si veda in proposito il sito seguente, nel quale sono ben illustrate le ragioni a fondamento della disciplina transalpina).

Su questi temi, oltretutto, la politica e le istituzioni sono chiamate a tenere conto, nelle proprie valutazioni, della scienza. Lo ha affermato più volte anche la Corte costituzionale, nelle occasioni in cui si è pronunciata sul rapporto tra scelte legislative e dati scientifici, con considerazioni estensibili in generale al rapporto tra potere politico e autorità scientifica. Che cosa ci dice la scienza sull’uso dei telefonini da parte dei bambini e dei ragazzi? Ci dice in maniera inequivocabile che gli schermi disturbano la concentrazione. E che prima di una certa soglia di età sono sicuramente pericolosi per il sano sviluppo del minore (un utile esame della questione è nel volume S. Garassini, Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima); come pure in un’intervista di Daniele Novara). Già questi primi dati, fondati su un’ampia letteratura, che varrebbe la pena diffondere, rendono non solo legittima, ma anzi addirittura doverosa l’iniziativa del ministro. Essa andrebbe, peraltro, cristallizzata in una legge dello Stato, come avvenuto in Francia.

In un tessuto sociale in cui siamo invasi dai telefonini, si tratta di spiegare ai ragazzi e, anche tramite loro, alle famiglie – che anzi dovrebbero per prime appoggiare l’iniziativa – i rischi che si accompagnano ai benefici connessi all’uso degli strumenti digitali. Dunque, è bene che la scuola, proprio perché deve insegnare ai ragazzi come concentrarsi e come impostare al meglio il loro lavoro per le funzioni professionali che saranno chiamati a svolgere, faccia capire immediatamente come l’uso dei telefonini può rivelarsi dannoso nel processo di apprendimento. E ciò a prescindere da numerosi episodi di bullismo, che trovano negli strumenti digitali un poderoso volano per la loro amplificazione.

Dunque, i ragazzi devono imparare a utilizzare gli strumenti digitali sotto la guida costante di adulti, sia genitori, sia docenti. Però, considerato anche che i nativi digitali hanno grande facilità con gli strumenti moderni (telefonini, tablet ecc.) e che questi ultimi sono utilizzabili con estrema semplicità, è ancor più importante che i giovani imparino a mantenere rispetto a essi un sano distacco. Agli strumenti digitali ben si applica quanto diceva Francesco Orestano a proposito dei concetti: sono ottimi servitori, ma pessimi padroni.

(*) Ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Europea di Roma

(**) Tratto dal Centro Studi Rosario Livatino

Aggiornato il 15 dicembre 2022 alle ore 19:18