Siamo i social-attivisti: lottare è guadagnare

Nell’incertezza di un mondo dei giovani, che spesso non sanno dove sbattere la testa anche dopo una laurea a pieni voti e master pagati a peso d’oro, cosa c’è di meglio che la pura e sana visibilità? Come canta Marracash in Cosplayer: “Dio mi salvi dalle commedie, dai cosplayer, da chi sposa la causa solo quando gli conviene”. È evidente che a combattere ci si guadagna sempre più, e nel nuovo mondo in cui si vendono foto di piedi e tanto altro dietro compenso perché non mettere in vendita se stessi per una pura e sana lotta? Declinata poi nelle più svariate tipologie: femminista, di classe, operaia, ambientale. E il bello di questa particolare tipologia di lotta è che è possibile cambiare costume di volta in volta, fino a che non si trova l’abito giusto che ti permette di monetizzare qualcosa. Di grandi critici e critiche dei social ne vediamo a bizzeffe ad esempio. Dove? Sui social ovviamente. Pubblicano contenuti su contenuti su quanto i social siano il male profondo e su quanto la famiglia Ferragnez su tutti sia l’esempio del grande male del nostro tempo.

I profili di questi social-attivisti crescono vertiginosamente, ed entrano talmente bene nel loro personaggio da non rendersi conto del costume che indossano. Grazie al loro odio nei confronti dei social ottengono il verificato sui social e accrescono quello che nel mondo digitale potrebbe chiamarsi potere contrattuale derivante dai social. Il femminismo mai è stato tanto in voga, sembra un pozzo pieno d’oro, tant’è che nascono come funghi mascherate da attiviste persone che solo qualche anno fa sarebbero state dipinte come influencer. E copiando meccanismi già rodati lo stesso cercano di fare altri sul mondo dell’ambiente, dove quasi nessuno sa niente, però tutti sentono il dovere di mettere la propria faccia e la propria voce sugli schermi di Meta. Azioni politiche vengono riprese costantemente da più smartphone, con la giustificazione di farlo per diffondere il messaggio a più persone possibili. Che questi personaggi possano diventar famosi è evidente, c’è solo da augurarsi che finiscano tutti al Grande Fratello Vip e non ottengano qualche posto nel prossimo Parlamento italiano.

In merito all’ambiente, riflessioni possono essere fatte e devono essere fatte ma se si parte da preconcetti e presupposti derivanti da idee politiche e si cercano poi studi che confermino le proprie tesi è un altro discorso. Discorso simile potrebbe essere fatto verso tutti quei personaggi che cavalcando l’onda delle proteste no-pass hanno cercato di entrare in Parlamento. La cosa certa è che gli unici che non hanno convenienza a eliminare vari problemi dei nostri tempi sono coloro che da questi problemi ci guadagnano qualcosa, anche solo in termini di visibilità. Tutti per la lotta di classe, la lotta ambientale, la lotta transfemminista! Ma basta che qualcosa ci si guadagni: diventar parlamentari, un contratto con grandi case editrici o quotidiani nazionali, ospitate nella miriade di talk show di questo Paese, o mal che vada un po’ di saponette da sponsorizzare su Instagram!

Aggiornato il 05 aprile 2023 alle ore 12:48