Caso Orlandi, Pietro: “Ho fatto tutti i nomi”

Il caso di Emanuela Orlandi è a una svolta. Ieri, Pietro Orlandi è stato ascoltato, per otto ore, in Vaticano dal promotore di giustizia Alessandro Diddi. Il 22 giugno ricorrono i 40 anni della scomparsa della 15enne cittadina vaticana. “Abbiamo parlato di tante cose – ha riferito Pietro Orlandi – della famosa trattativa Capaldo, del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia, degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso” con l’avvocato della famiglia, Laura Sgrò. “Finalmente, dopo 40 anni – ha aggiunto – ho potuto sfogarmi e ho trovato ampia disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto, qualunque sia la responsabilità. Mi hanno ascoltato e hanno accettato tutto quello che avevo da dire, sottolineando che auspicano la massima collaborazione con la Procura di Roma e le altre istituzioni italiane”. Orlandi ha detto che sono state verbalizzate tutte le sue dichiarazioni.

“Ho fatto i nomi delle persone che secondo me dovrebbero interrogare – ha continuato Orlandi – anche di alti prelati come il cardinale Re, che stava sempre a casa nostra e altri personaggi eccellenti. Da tre anni chiedevo di essere ascoltato. Questo è un momento importante perché a qualcosa deve portare, dopo le mie dichiarazioni ci devono essere delle risposte. Un’altra persona da ascoltare è l’ex comandante della gendarmeria Giani, che ha fatto delle cose particolari sulla trattativa di Capaldo. Lui e Alessandrini. Poi c’è Pignatone e tutta quella questione delle intercettazioni della moglie di De Pedis: lo chiamavano il procuratore nostro e dicevano: Ci penserà lui a far tacere Orlandi. Ha cacciato Capaldo e poi è stato promosso presidente del Tribunale vaticano. Un’altra persona da ascoltare è il cardinal Sandri. Lui dovrebbe essere a conoscenza che la prima telefonata è arrivata il 22 giugno”. Ovvero il giorno della scomparsa di Emanuela.

A sera, Orlandi, ospite della trasmissione DiMartedì, su La7, ha sottolineato: “È stato un incontro lungo, ma positivo, otto ore, sono andato alle tre e ho finito poco fa, però ho percepito la volontà di fare chiarezza. Lo stesso Diddi mi ha detto: Io ho avuto mandato dal segretario di Stato e da Papa Francesco di fare chiarezza al 100 per cento, di indagare a 360 gradi e non fare sconti a nessuno, dalla base al vertice – ha proseguito – e quella per me già è una cosa positiva. Perché io poi ho raccontato tutto le cose che avrei voluto portare quindi lì ho potuto verbalizzare nomi cognomi di tutte le indagini fatte privatamente”. Orlandi ha puntato il dito anche contro “la Banda della Magliana”. In Vaticano “l’hanno sempre considerata una manovalanza. L’impressione che ho avuto io è che loro la responsabilità la stanno cercando dentro”.

A DiMartedì sono state trasmesse delle parti di una delle chat consegnate da Pietro Orlandi al procuratore Diddi. In un messaggio vocale, che è stato epurato dalle “parti peggiori”, c’è un uomo vicino alla Banda della Magliana che parla di Papa Giovanni Paolo II al giornalista Ambrosini. “Quell’audio – ha commentato Pietro Orlandi – fa riferimenti molto precisi su Papa Wojtyla. Non c’è ombra di dubbio su quello che dice, di come lo chiamavano all’interno del Vaticano, com’era conosciuto all’interno del Vaticano”. A proposito di Wojtyla, ha rimarcato: “Ho trovato più dubbi quando ho nominato Wojtyla da Floris l’altra settimana. Io non ho mai detto: Giovanni Paolo II è un pedofilo. Ho detto che è giusto indagare a 360 gradi, anche perché io penso, nel 2023, non possono esserci persone intoccabili, nessuno può essere intoccabile”.

Aggiornato il 12 aprile 2023 alle ore 18:20