La verità ci rende liberi (una critica a Baricco)

Alcuni mesi or sono, Alessandro Baricco ha tenuto a Bergamo una lectio magistralis sul tema della rivoluzione digitale.

Con la consueta capacità, egli ha tratteggiato l’affermarsi di questa nuova fase della storia della civiltà umana, delineandone gli aspetti più rilevanti: la rapidità, la comunicazione universale, la virtualità degli eventi.

Ha poi evidenziato alcuni punti fermi che per lui si possono così sintetizzare.

Primo. La rivoluzione digitale, proponendosi quale universale, ha fatto sparire i saccenti esperti che fino a poco prima governavano il mondo, dispensando indicazioni su cosa fare e cosa non fare in ogni dove. Tale stato di cose, per lo scrittore, è poi cambiato con la pandemia, che ha propiziato invece la rinascita di codesti esperti, attraverso la televisione e i social.

Secondo. Attraverso il digitale viene propagata in modo ottimale, da parte dei governanti, la paura, che diviene una strategia di persuasione e controllo delle masse.

Terzo. Per reagire – continua Baricco – occorre da parte di ciascuno “lavorare sulla libertà”, cercando di affinarla allo scopo di sconfiggere la paura generata capillarmente attraverso la comunicazione digitale. Non esclude lo scrittore, in questo quadro, il ricorso alla preghiera, ma ad una preghiera laica, non destinata al alcun Dio.

Brevemente, chioso e, chiosando, critico per punti.

Primo. Non mi sembra che l’avvento del digitale abbia messo fra parentesi le élite e gli esperti, sembrandomi invece che abbia contribuito a fornir loro una forma di occultamento dietro il quale ottenere i medesimi effetti dominativi, ma senza formalmente apparire, senza mostrarsi e perciò con maggiore efficacia finale. Durante la pandemia, poi son tutti venuti fuori alla grande, riappropriandosi la scena lor momentaneamente sottratta (virologi, epidemiologi ecc.).

Secondo. È perfettamente vero che infondere paura nella collettività è divenuto di fatto un metodo di controllo sociale, ma ciò è noto da molti secoli (basti rileggere il celebre “Discorso sulla servitù volontaria” di Etienne de La Boétie, risalente al 1554), anche se è vero che soltanto oggi lo si è affinato in modo minuzioso e capillare e che proprio oggi – in epoca pandemica – solo accennarvi fa ancora incorrere in anatemi e scomuniche (evidentemente non temute da Baricco, anche perché egli ha saputo ribadire questa strategia dominativa basata sul terrore in modo elegante e indiretto).

Terzo. “Lavorare sulla libertà” – come propone Baricco, allo scopo di rimediare alla situazione così determinatasi – non capisco bene cosa possa significare, se non invitare ciascuno di noi a difendere la propria libertà da ogni intromissione indebita – compresa quella dovuta alla paura – esercitandola in modo genuino.

Tuttavia, non basta. E non basta, per il semplice motivo che la libertà, in sé considerata, si lascia cogliere come ambivalente, incapace di autofondarsi perché sempre esposta (lo ha notato in pagine esemplari Vittorio Mathieu) all’esigenza di dialettizzarsi: la libertà come tale può muovere ad un inimitabile gesto di eroismo fino al martirio (si pensi a Massimiliano Kolbe) oppure a terribili genocidi organizzati su scala internazionale (si pensi ai campi di sterminio nazisti o ai Gulag staliniani). Sempre di libertà e del suo uso si tratta, ma dagli esiti opposti.

E ciò perché, il solo modo di supportare la libertà, salvandola da ogni possibile deriva, va ravvisato nella verità, concetto, questo, del tutto omesso nel discorso di Baricco (ignoro se volutamente o per troppo esigenti debiti culturali).

Come ci dice San Giovanni abbia affermato Cristo (8, 32), “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.

Non è la libertà a rendere liberi, insomma (abbiamo visto che storicamente ci viene dimostrato esattamente il contrario), ma la verità. Questa soltanto permette, una volta conosciuta, di riscattare la libertà, affrancandola dall’insopportabile giogo della paura e delle intimidazioni; permette cioè che la libertà rimanga fedele a stessa, salvandola da esiti nefandi e oggettivamente inaccettabili.

Ecco perché la Commissione parlamentare sulla pandemia di recente istituita è molto più importante di quanto si creda: perché porterà – lo si spera – a conoscere verità capaci di esorcizzare qualsivoglia paura, restituendo a ciascuno intatta la propria libertà di scelta e decisione.

Per esempio: perché i contratti di fornitura dei vaccini fra grandi aziende produttrici e Unione Europea sono stati secretati? Perché per nessun decesso da Covid è stata eseguita una normalissima autopsia che oggi non si nega a nessuno? Perché le strutture sanitarie registravano come ricoveri da Covid anche quelli dovuti ad una banale frattura da trauma? Perché gli eventi avversi (perfino la morte), avvenuti decorsi oltre 14 giorni dalla inoculazione del vaccino, pur se dichiarati da un collegio medico di periti, nominati dalla Procura di Genova, direttamente derivanti dalla vaccinazione, non sono stati registrati ufficialmente come tali?

Quando arriveranno le risposte a queste e a molte altre domande (qui taciute per ragioni di brevità), forse molti di noi – fra quelli terrorizzati dalle notizie sulla pandemia – conosciuta la verità, potranno esorcizzare la paura, vedendosi restituire la propria libertà di giudizio e di scelta.

Quanto infine alla preghiera laica evocata in chiusura da Baricco, meglio lasciar perdere. Chi prega si rivolge sempre a Qualcun altro fuori di sé e degno di essere pregato. Altrimenti, occorre parlare di meditazione o di introspezione. Nulla a che fare con la preghiera, insomma. La preghiera è altra cosa.

Aggiornato il 09 agosto 2023 alle ore 10:28