Ritratti. I primi 40 anni di Franck Ribéry

Sette sono i vizi capitali, per chi ci crede. Sette, nel buddismo, è sinonimo di completezza, sempre per chi ci crede. Sette, per chi crede nel calcio, è anche Franck Ribéry, uno capace di uscire da una selva di gambe con l’abilità di chi viene dalla strada, perché la palla va data in fretta per evitare di essere colpito da qualche randellata. Cosa per niente facile, come altrettanto complicato è stato svicolare da quel casino che è Chemin Vert, quartiere popolare di Boulogne-sur-Mer.

Per qualcuno è esploso tardi, per altri no. Il commento in questi casi è un perentorio chissenefrega! Il funambolo francese, ora collaboratore tecnico della Salernitana, quando si volta indietro può ammirare una roba come una Coppa di Turchia con il Galatasaray, una Coppa Intertoto con il Marsiglia, nove campionati di Germania con il Bayern Monaco. Non solo: con i bavaresi porta a casa una Coppa di Lega, la Coppa di Germania (6 volte), la Supercoppa di Germania (5 volte), una Champions League, una Supercoppa europea, una Coppa del mondo del club.

Vicecampione del Mondo con i galletti (nella finale persa ai calci di rigore contro l’Italia di Marcello Lippi, nel 2006), Ribéry rappresenta pure una storia di riscatto. Abbandonato dai genitori, viene allevato e cresciuto da una coppia che gli infonde tutto l’amore e il bene possibile. Ma non finisce qui: perché quando ha due anni è vittima di un incidente stradale. Sbalza fuori dal parabrezza, e riporta una profonda cicatrice sul volto, ancora ben visibile. Non sono periodi semplice, soprattutto da bambino: tutti lo fissano per come appare, non per come è o per le sue qualità tecniche, che sono già evidenti.

Nel documentario Ma part d’ombre, (Il mio lato oscuro) come evidenziato dal Corriere della Sera in un articolo del 2018, l’ex giocatore della Fiorentina (due le stagioni in Toscana prima dell’avventura a Salerno) dice: “La cicatrice… È lei che mi ha dato questo carattere e questa forza. Perché quando sei un bambino e hai una cicatrice come questa non è facile, il modo in cui le persone ti guardano, ti criticano, ti offendono… La mia famiglia ha sofferto molto questo aspetto”.

Sullo stesso tema, nel 2012, rivela all’Èquipe: “Sono passato per il vetro di un’auto, non avevo più di due anni. Devi essere molto sano di mente per resistere allo scherno degli altri bambini, ma peggiori erano gli sguardi degli adulti. Mi fissavano a lungo finché i miei genitori mettevano l’espressione da duri Qualche problema? Allora erano gli altri a vergognarsi. Adesso sono quasi orgoglioso dello squarcio, senza sarei troppo normale: questa cicatrice mi ha forgiato il carattere, mi ha dato forza”.

Oggi il prodigio francese compie 40 anni. Un’età, secondo Fëdor Dostoevskij, dove diventiamo quello che siamo. O quello che siamo sempre stati. Come Frank Ribéry.

Aggiornato il 07 aprile 2023 alle ore 19:13