Il sistema portuale italiano, l’innovazione e i fondi del Pnrr

Il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (Mims) ha pubblicato un report di 190 pagine che descrive gli investimenti e le iniziative messe in campo negli ultimi venti mesi per rafforzare e innovare l’importantissimo sistema italiano della portualità. Analizzando le iniziative dedicate all’ammodernamento e all’innovazione del sistema portuale italiano, il costo complessivo degli interventi ammonta a 10,1 miliardi di euro di cui 9,2 miliardi sono già stati trovati grazie ad un insieme di fonti tra cui: il Decreto porti (che stanzia 976,6 milioni), il Pnrr (che stanzia 476,8 milioni) e il Pnc (che stanzia oltre 2,8 miliardi). Sono previsti interventi in ben 47 porti, localizzati in 14 regioni e di competenza di 16 Autorità di sistema portuale (Adsp). Il 46,9 per cento degli investimenti va ai porti del Mezzogiorno, il 37,7 per cento a quelli del Nord e il restante 15,4 per cento a quelli del Centro Italia. Particolarmente importante è la notizia sui principali beneficiari di tale misura: Liguria e Sicilia. Alla Liguria sono stati assegnati circa 2,7 miliardi di euro, di cui 600 milioni per la nuova diga foranea di Genova, mentre alla Sicilia vanno circa 1,1 miliardi.

Una pianificazione che pone al centro della programmazione finanziaria le Zone economiche speciali, alle quali sono assegnati 630 milioni di euro per progetti di ultimo miglio portuale e nelle aree industriale connesse, per la logistica, l’urbanizzazione e per l’aumento della resilienza dei porti al cambiamento climatico. Inoltre, oltre al lato investimenti, lo sviluppo della portualità italiana passa anche per il varo di una serie di riforme, alcune delle quali previste dallo stesso Pnrr. “L’auspicio è che pianificazione strategica, investimenti infrastrutturali e riforme siano realizzati anche nel prossimo futuro con una logica sistemica e di piena integrazione degli interventi sui porti con quelli che riguardano le altre infrastrutture del Paese e il sistema logistico complessivo”, ha evidenziato il ministro Enrico Giovannini.

“Con le ulteriori risorse della programmazione europea e nazionale si dovrà continuare a investire nello sviluppo delle zone portuali e retroportuali, soprattutto nel Mezzogiorno, per renderle sempre di più aree di produzione, e non solo di transito delle merci e dei passeggeri, come dimostra l’esperienza dei grandi porti europei”, rilancia il ministro.

In uno scenario geopolitico globale delicato e molto complesso, con l’emergenza sanitaria e la guerra in Ucraina, appaiono evidenti le ridefinizioni delle catene del valore, con il fenomeno del reshoring e la ricerca di una maggiore autonomia strategica non solo per il settore energetico, ma anche per quello legato alla digitalizzazione. Risulta essenziale continuare ad investire nello sviluppo delle zone portuali e retroportuali, soprattutto nel Mezzogiorno, per rendere le zone meridionali sempre di più aree di produzione e non solo per il transito delle merci e dei passeggeri, come dimostra l’esperienza vincente dei grandi porti europei. D’altra parte, la crisi climatica impone investimenti per rendere i porti più resilienti agli eventi atmosferici estremi.

I porti e il sistema portuale nazionale devono modificare il modo di progettare e realizzare le proprie infrastrutture, incorporando i principi di sostenibilità ambientale previsti dal Green Deal europeo, dal Next Generation Eu e dall’Agenda 2030 dell’Onu. In tale prospettiva, gli interventi per l’elettrificazione delle banchine e la trasformazione dei porti in comunità energetiche sono esempi di una strategia di trasformazione del sistema energetico dell’intero Paese, che si incontra con le scelte che il settore marittimo sta adottando nella prospettiva della riduzione del proprio impatto ambientale e per lo sviluppo economico e occupazionale del Paese in termini di innovazione e sostenibilità.

Aggiornato il 27 ottobre 2022 alle ore 09:49