Il potere degli influencer figlio del pensiero debole

...e dell’assenza di “maestri”

Al contrario di quanto molti affermano e cioè di apprezzare parecchio la capacità imprenditoriale di Chiara Ferragni e di Fedez – anche se criticano il loro operato in sede pubblicitaria – io invece non li apprezzo per nulla.

Infatti non si tratta di capire se, pubblicizzando uova di Pasqua o panettoni, essi abbiano ingannato i consumatori, perché di ciò si occuperanno le autorità competenti. Molto più importante – e inquietante – è invece cercare di comprendere le dinamiche sociali da costoro attivate e che hanno loro permesso di diventare quello che sono, vale a dire, usando un gergo familiare, degli influencers con decine di milioni di followers e perciò straricchi.

A un primo esame delle cose che dicono e che fanno, va detto che queste persone si mostrano alquanto semplici, cioè non dotate di un particolare retroterra umano e culturale che li possa abilitare ad assumere un ruolo di guida o di punto di riferimento per tanti. Se ciò tuttavia accade, non solo bisogna prenderne atto, ma anche ammettere – con amarezza – che probabilmente gran parte dei loro seguaci si son loro accodati per due ragioni: per un verso, perché non hanno trovato di meglio; per altro verso, perché è molto più semplice non pensare che pensare.

Dal primo punto di vista, il panorama culturale nazionale e internazionale si presenta abbastanza povero, nel senso che non si vedono all’orizzonte personalità di tale rilievo da poter captare l’attenzione di masse così consistenti. Fino ad alcuni decenni fa, intellettuali del calibro di Leonardo Sciascia, di Pier Paolo Pasolini o di Albert Camus rappresentavano nel contesto culturale europeo eminenti figure pubbliche con le quali era addirittura necessario fare i conti.

Come dimenticare la polemica sciasciana – che oggi possiamo definire preveggente – sul professionismo dell’antimafia? O la rottura lacerante che Camus operò nei confronti del partito comunista francese alla ricerca di un nuovo umanesimo e che gli alienò l’amicizia di Jean-Paul Sartre? O, ancora, il celebre scandalo che Pasolini suscitò scrivendo, durante gli anni “di piombo”, che era tempo di evitare che i figli dei proletari del sud (carabinieri e poliziotti) venissero uccisi o gambizzati dai figli dei borghesi del nord (i terroristi delle Brigate rosse)? Costoro erano tutti intellettuali, “dis-organici” al potere, a qualunque potere, fosse pure a quello del partito comunista al quale erano vicini e per questo attiravano l’ammirazione di legioni di lettori appassionati, i quali, confrontandosi con il loro pensiero critico, vedevano lievitare e irrobustirsi il proprio, riuscendo così a propiziare la nascita di una autentica coscienza umana e civile.

Oggi, invece, il panorama appare sconfortante: e meno male che ancora resistono Massimo Cacciari o Alessandro Baricco. Tuttavia, non rimane molto altro ed è allora più facile che l’attenzione di molti si riversi su chiunque abbia un minimo di capacità di attrazione, come appunto la Ferragni e Fedez.

Dal secondo punto di vista, addolora che milioni di utenti sui mezzi di comunicazione si lascino assorbire (di assorbimento si tratta) da due personalità a tal segno fragili da non potersi dir loro neppure che lavoro facciano, tranne il mostrarsi pubblicamente indossando quel certo abito o calzando un certo paio di scarpe. Ma che impresa sarebbe questa? Il nulla condito dal niente. E quelli che si lasciano trasportare lo fanno probabilmente perché non costa nulla ed è semplicissimo, mentre invece costerebbe molto e sarebbe difficile impegnarsi a pensare. Invece, parlano come loro, si vestono come loro, non pensano come loro, aspirando ad esserne le fotocopie.

Il nostro tempo appare perciò, con un neologismo, “ideofobo”, acerrimo nemico delle idee, del pensiero in qualunque forma esso si manifesti. Si alimenta una sana (perché integra) stupidità che tutto pervade e che ha peraltro le sue leggi fondamentali, sapientemente lumeggiate dal compianto Carlo Cipolla. Secondo la prima, il numero degli stupidi è di gran lunga maggiore di ciò che possiamo immaginare; per la seconda legge, la stupidità si trova equamente diffusa ovunque, senza distinzioni di luogo, di sesso, di razza, di cultura, di religione, di condizioni economiche e sociali. Sicché, oggi milioni di stupidi seguono come fotocopie la Ferragni e Fedez che stupidi non sono: anzi, sono furbi al punto di aver saputo arricchirsi sfruttando la stupidità altrui.

E dire che Sciascia ci aveva ammonito scrivendo “quelli che la pensano come me, sono proprio quelli che non la pensano come me”.

(*) Articolo tratto dal quotidiano La Sicilia

Aggiornato il 23 dicembre 2023 alle ore 15:52