II
POLITICA
II
Giustizia, ancora una condanna dall’Europa
di
VALTER VECELLIO
a notizia, di una certa impor-
tanza e di indubbio significa-
to (e dunque per questo, nessuna
evidenza su notiziari e giornali?),
è che la Corte europea dei Diritti
dell’Uomo ha ritenuto di acco-
gliere la denuncia di un detenuto
italiano, Bruno Cirillo, recluso nel
carcere di Foggia; Cirillo ha di-
chiarato di essere stato vittima
della violazione dell’articolo 3
della Convenzione europea dei di-
ritti dell’uomo sul divieto di trat-
tamenti degradanti e disumani.
La denuncia si riferisce a un’in-
sufficienza di cure ricevute per la
paralisi parziale di cui soffre il
detenuto.
La Corte ritiene “ricevibile” la
richiesta, e conferma che c’è stata
violazione dell’articolo 3 della
Convenzione; di conseguenza im-
pone allo stato di versare all’im-
putato nei tre mesi successivi alla
data in cui la sentenza sarà diven-
tata definitiva la somma di 10mi-
la euro per danni morali più tre-
mila per le spese. La Corte ritiene
che «le autorità abbiano mancato
al loro obbligo di assicurare al ri-
chiedente il trattamento medico
adatto alla sua patologia»; con-
sidera quindi che «la prova che
egli ha subito a causa di ciò ha
superato il livello inevitabile di
sofferenza inerente alla detenzio-
ne e ha costituito un trattamento
inumano o degradante», così co-
me inteso dall’articolo 3 della
Convenzione.
Si potrà obiettare che queste
condanne cominciano a essere
frequenti; che anzi, se si esamina-
no le sentenze emesse dalla Corte
europea dei Diritti dell’Uomo, la
maggior parte di condanne ri-
guarda inadempienze gravi con-
sumate dal nostro paese; e se que-
ste sentenze e condanne non sono
molte di più, ciò probabilmente
lo si deve al fatto che tanti non
sanno che esiste questa possibilità
L
di rivalersi quando un nostro di-
ritto viene calpestato. Ma è da
credere che se accadesse qualcosa
di simile a quello che si vede nei
telefilm e film americani, quando
all’atto dell’arresto si viene av-
vertiti che quello che si dirà potrà
essere utilizzato e si ricorda il di-
ritto di tacere, e cioè ogni dete-
nuto venisse informato dei suoi
diritti, si verrebbe letteralmente
travolti da ricorsi, sentenze, con-
danne di risarcimento.
Ed è proprio qui, la notizia
che non fa “notizia”. E che non
faccia “notizia”, potrebbe/dovreb-
be costituire ulteriore “notizia”;
e naturalmente non la fa. Ha
dunque ragione Guido Rossi, che
sul
Sole 24 Ore
del 20 gennaio
scorso annota: «In questa stagio-
ne elettorale, insieme ad un note-
vole degrado non solo lessicale,
ma anche di contenuti program-
matici da parte di vari contenden-
ti, si prospettano all’attenzione
dei cittadini ricette di ogni sorta
per il “buon governo” economico
post elezioni, mentre poche ap-
paiono le ricette a difesa dei di-
ritti». Ed è sempre Rossi, non
Marco Pannella o un altro “estre-
mista” radicale, a scolpire nel ci-
tato editoriale che il nostro paese
soffre di una malattia che è deci-
samente peggiorata nel tempo:
«la mancanza di certezza del di-
ritto». E sconsolato rileva che
“«on è solo in discussione la so-
vrabbondanza delle norme che ri-
guardano i cittadini e le imprese,
quanto piuttosto l’assoluto disor-
dine nella loro applicazione...».
E ancora: «La grave conseguenza
è che la stessa certezza del diritto
soggiace alla regola del più forte
in un sistema che è sempre meno
gerarchico e sempre più di rela-
zione, con corrivi e inquietanti ri-
flessi con il mondo dell’informa-
zione...».
Rossi infine ricorda come «i
conflitti nascono con eguale de-
vastazione della democrazia fra
poteri riconosciuti dello stato,
non solo e non tanto tra i tre
maggiori, che tendono ad invade-
re reciprocamente il campo altrui,
ma in misura ancor peggiore tra
organi indipendenti, deputati a
vigilare e non a perseguire volon-
tà di potere, a tutto danno di un
sistema civile ed economico, tra-
volto e impossibilitato a crescere
dall’incertezza del diritto e dal
conflittuale dominio di tutte le
“società parziali”».
L’articolo è da ritagliare e con-
servare. Gli addetti agli uffici
stampa e i “consiglieri” di Ber-
sani e di Berlusconi, di Monti e
di Ingroia, di Maroni e di Vendo-
la possono però omettere di farlo.
Altro, a quanto pare, sembra es-
sere materia della campagna elet-
torale; e nessuno sembra anche
solo sognare di chieder loro con-
to di quanto accade. Con buona
pace di Rossi e nostra, che con-
cordiamo con la sua analisi (si fa
per dire: ci si augura che di que-
sto tipo di pace né Rossi né noi,
se ne abbia mai).
La Corte europea
dei diritti dell’uomo
ha accolto la denuncia
di un detenuto italiano,
Bruno Cirillo, recluso
nel carcere di Foggia.
Cirillo ha dichiarato
di essere stato vittima
in carcere di trattamenti
degradanti e disumani.
Queste condanne
cominciano a essere
frequenti. E la maggior
parte riguarda l’Italia
segue dalla prima
Il voto inutile
(...) Non ci sarà un Monti-bis dopo le ele-
zioni. E non ci potrà essere nessun governo
guidato da un qualsiasi altro tecnico. Perché
l’esperienza Monti ha bruciato ogni soluzione
del genere. Spetterà, dunque, alle forze poli-
tiche trovare una strada per evitare il possi-
bile caos prodotto da un voto apparentemen-
te inutile. Ma gli attuali partiti dell’area della
responsabilità democratica (il problema non
si pone per chi persegue il tanto peggio, tanto
meglio) sono nella condizione di dare una
qualche soluzione al problema dando vita
ad un processo di rigenerazione della vita
politica capace di creare le condizioni per il
superamento effettivo della Seconda Repub-
blica? Al momento la risposta è sicuramente
negativa. Il centrodestra è tornato ad affidarsi
alle sole capacità del Cavaliere rinunciando
ad affrontare il tema della propria identità.
Monti è un tecnico fallito ed un politico che
si deve ancora costruire e formare. La sinistra
è ferma agli schematismi ideologici degli anni
‘70 ed appare del tutto inadeguata ad affron-
tare i problemi reali del presente. E quella
che un tempo era comunque una ancora di
salvezza a cui il paese si aggrappava nei mo-
menti di difficoltà, cioè la chiesa ed il mondo
cattolico, si trova in una condizione di pre-
carietà, di divisione e di incertezza addirittura
peggiore di quella delle forze politiche. La
prospettiva è dunque il caos di Grillo o il giu-
stizialismo di Ingroia? O quella di un qualche
trauma capace di costringere i partiti mag-
giori a prendere atto che la rigenerazione del-
la politica passa inevitabilmente per la radi-
cale riforma delle istituzioni?
ARTURO DIACONALE
L’Ohio d’Italia
(...) Situazione un po’ diversa nel Lazio dove,
dopo settimane di dominio incontrastato di
Nicola Zingaretti e di sondaggi sempre molto
sorridenti all’ex Presidente della Provincia di
Roma, per la prima volta Francesco Storace
inverte la tendenza. Il leader de La Destra,
vinte forse alcune ritrosie degli alleati e scon-
giurata la possibilità di una candidatura al-
ternativa da parte di Giorgia Meloni, gua-
dagna il 3,9% in soli sette giorni e passa dal
30,6% al 34,5%. È ancora difficile ipotizzare
una sfida
“too close to call”
ma il balzo di
Storace corrisponde ad uno speculare arre-
tramento di Zingaretti che scende dal 42,9%
al 40,2%. Con queste oscillazioni, sei punti
percentuali di vantaggio non possono lasciare
tranquillo il candidato del Pd che molto pro-
babilmente vede pesare su di sé la scarsa for-
ma del partito nazionale molto di più rispetto
ad un “non allineato” come Ambrosoli. A
sorpresa la terza piazza è appannaggio del
Movimento 5 Stelle che con Davide Barillari
guadagna quasi 3 punti in sette giorni e ar-
riva al 12.3%. Giulia Buongiorno perde, in-
vece, il 2,4% e scende dal 13,2 al 10,8 di-
ventando la quarta forza in campo.
L’analisi dei flussi elettorali di queste due
regioni segnalano almeno due dati ragguar-
devoli. Il primo è che, come detto, a influire
pesantemente sulla corsa dei candidati sono
soprattutto le dinamiche di consenso nazio-
nali. Anche chi, come Ambrosoli, fa del civi-
smo il suo cavallo di battaglia finisce comun-
que per risentire, magari in misura minore,
delle vicende che riguardano i leader dei par-
titi che lo sostengono. Dal punto di vista nu-
merico, invece, questa tornata amministrativa
si caratterizza per una grande parcellizzazione
del consenso. Nessun candidato è oggi ac-
creditato di cifre elettorali nemmeno vicine
al 50% e così, diversamente da quanto ac-
cadde con Formigoni e Polverini, i prossimi
governatori di Pirellone e Pisana non potran-
no dire di rappresentare la maggioranza as-
soluta dei propri corregionali.
ANDREA MANCIA
e
SIMONE BRESSAN
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GIOVEDÌ 31 GENNAIO 2013
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