Il diritto al gioco nell’infanzia

Il gioco è un diritto? Assolutamente si! Mauro Laeng nel suo Lessico Pedagogico definisce il gioco infantile “un’attività spontanea avente il suo fine in se stessa; si distingue come tale dal lavoro, attività avente un fine distinto da sé. Ogni attività può dare origine a gioco quando sia esercitata per il mero piacere del suo svolgimento”.

Non c’è definizione più giusta, la necessità del bambino di avere tempo libero da dedicare alle attività di gioco e alla creatività parte innanzitutto dal bisogno del bambino di confrontarsi con sé stesso e poi con il mondo esterno per riconoscersi come individuo. Il gioco rappresenta per il bambino uno strumento di crescita personale. Il gioco rappresenta per lui la presa di coscienza del mondo esterno, siamo noi che ci diamo l’accezione di gioco come aspetto ludico ma per lui è una cosa serissima e complessa.

Il bambino non sa di giocare lo diciamo noi che gioca, lui lo fa e basta; siamo noi che diciamo che gioca, continuiamo a essere noi a parlare di una cosa che è completamente diversa. Gran parte della responsabilità perché questo diritto venga rispettato è dei genitori, che devono per quanto possibile assicurare che il bambino venga cresciuto in condizioni di vita necessarie al suo sviluppo. Gran parte degli adulti vogliono crescere i propri figli con i divieti distruggendo lo spirito animista del bambino che non vive la realtà separata da se stesso ma è egli stesso la “realtà”. Il bambino con il gioco esprime la sua anima.

Non a caso la produzione di cartoni animati per il cinema e poi per la televisione fornisce da sempre tantissimi esempi di oggetti, piante, automobili, animali che parlano ed esprimono sentimenti (es. la Pimpa, Cars, Toys story, ecc.). I bambini con il gioco si confrontano con gli altri bambini contribuendo così alla coscienza dell’essere individui. Il gioco collettivo come realizzazione della propria personalità attraverso il confronto con l’altro.

I bambini infatti non chiedono nient’altro che di stare insieme ai loro coetanei anche per sviluppare le proprie inclinazioni affettive. Bisogna infine saper ascoltare quello che ci dicono i bambini e insegnare loro come trovare la soluzione, lasciandoli liberi di cercare e di capire da soli.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:27