“Felix” Leo?

Com’era Leonardo da piccolo? Un secchione? Un genio svogliato? Più attento al volo di una mosca, o concentrato nei suoi compiti di latino? Queste, e molte altre curiosità se vorrete, potrete soddisfarle entro il 20 febbraio, andando a vedere l’interessante spettacolo per grandi e piccini dal titolo “Leo” (interpretato da Beatrice Fedi, perfetta nel ruolo del genio bambino!), in scena al Teatro Argentina di Roma. In fondo, non si è sempre detto che i sogni son desideri? Ebbene, che l’anziano malato riottoso, ospite alla Corte del Re di Francia, sia visitato dai suoi due amici di sempre, Monna Lisa (Silvia Salvatori) e Maso (Arcangelo Iannace), e ridivenga dunque bambino, scivolando dalle coperte riottosamente calate fino a coprirne la testa, giù, giù fino in fondo al letto, riuscendone a carponi. E che giochi, giochi tanto Leo con le immagini dell’infanzia che fu e con gli amici ormai divenuti vecchi.

Perché lui, l’illegittimo che sa di esserlo, figlio di un adulterio che, per punizione, ha visto la madre naturale segregata in casa dal marito geloso e infuriato, non sogna altro: poterle parlare, stringere per una volta la mano a quella sua madre sconosciuta. E questo, diviene il “tabù” straussiano (da Lévi-Strauss) da violare assolutamente: perché Leonardo è genio, e come tale non può fermarsi dinnanzi agli ostacoli derivanti dai limiti presenti della conoscenza umana. Anche se a guardia di quel divieto è posto una sorta di Saladino locale, che brandisce costantemente, con fare minaccioso, una lunga ascia e veste un’armatura bronzea, sul modello dei famigerati conquistadores spagnoli. L’ingegno, però, è una macchina potente, che progetta macchine e dalle macchine si fa aiutare per superare ostacoli, per sconfiggere i limiti esistenti di braccia e gambe, soggette e umiliate dalla gravità, rispetto ai desideri originati dal pensiero, il “soffio” che le anima e le tiene in vita. Quindi, nel caso di Leonardo sarà di certo una macchina che lo aiuterà a violare il tabù e realizzare il suo sogno di vedere sua madre, anche solo per una volta nella sua esistenza.

All’inizio, Monna e Maso (M.M., predecessore di N.N.?) fanno un po’ la figura della perfida coppia del Gatto e la Volpe nella favola di Pinocchio, cercando di trovare per primi il “Segreto dei Segreti” di cui il Leonardo anziano e mutacico aveva parlato al Re di Francia (che mai appare, giustamente, in scena). Perché, se l’avessero trovato quel segreto, l’avrebbero potuto cedere in cambio di molto denaro al Re stesso, o al miglior offerente, coronando così il loro facile sogno di ricchezza, derivato da un furto d’intelligenza che, per fortuna, resterà solo una delle possibile facce del caleidoscopio delle debolezze umane. La lampada magica delle ombre dei ricordi, invece, sarà il derivato del bellissimo gioco di Leonardo piccino, accompagnato in tutto il percorso scenico da un buffo servo (Vincenzo De Michele, bravissimo nei vari ruoli), che si incanta regolarmente, ripetendo più volte le stesse frasi, come un meccanismo fallato!

E dove saranno custoditi i segreti di Leonardo? Ma che diamine: nei cassetti. E così, la scena e lo sfondo sono interamente schermati da una possente quinta in legno di cassetti di ogni misura. Solo che, guarda caso, Leo è l’unico che sappia come aprirli. Nel gioco del geniale bimbo, il letto diviene il drago di Astolfo, in cui i personaggi tentano di volare o di costruirsi una casa sull’albero. E Leonardo, come in certi disegni di Disney, continua senza sosta a svuotare quei cassetti, da dove vengono fuori tutti i modelli in legno (complimenti ai falegnami e agli attori che li montano in scena) dei suoi disegni futuristici. Il finale è davvero commovente e lo spettacolo è delizioso, costantemente arricchito dall’allegria di tutti gli attori in scena.

Si vede che “Leo” è un’idea di giovani, organizzata da menti artistiche ben lontane dagli stereotipi classici. Mai noioso, sempre divertente e acceso, come un fuoco propiziatorio in cui bruciano incensi, che mantengono vive e misteriose le atmosfere d’incanto: come se tutto fosse una costruzione dell’ingegno e i personaggi ologrammi partoriti da una grande intelligenza senescente.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:13