“La Cucina” di Binasco al Teatro Eliseo

Il mondo in cucina. Ma, rigorosamente, non il viceversa! Nella pièce tragicomica “La Cucina” di Arnold Wesker, in scena al Teatro Eliseo di Roma fino al 20 maggio per la regia di Valerio Binasco e l’interpretazione vivacissima e travolgente di 24 bravissimi e scatenati attori, più o meno giovani, tutti gli strumenti di analisi ottica inventati dall’uomo, come microscopio, caleidoscopio e telescopio sono riuniti a sorpresa nello stesso soggetto scenografico per vivisezionare le complesse sfaccettature dell’animo umano. Tra i calembour che meglio sintetizzano il tutto, ci sarebbe quello che dice: “La vita ti cucina a dovere”. Mai in un ambiente così piccolo, in fondo, si concentrano il micro e macro cosmo di una società contemporanea suo malgrado multietnica, in cui un ruspantissimo garzone napoletano si confonde alla perfezione con un turco marocchino. Più extra che comunitari gli abitanti dei fornelli sempre caldi, in cui nella graticola reale e simbolica è messa ad ardere una assai variegata gamma di sentimenti e di relazioni interpersonali.

Nulla, ma proprio nulla è pirandellianamente come appare: colei che indossa una minigonna vertiginosa rivela un’anima deliziosa di donna dolce, di sanissimi principi, comprensiva e indulgente, vittima di un ex uomo mai cresciuto da cui è separata e che dimentica la bambina a scuola, per cui lei, la madre, è costretta a telefonare dal luogo di lavoro per rimproverare il suo ex compagno e cantare una canzonetta di consolazione alla figlia rimasta da sola. La novizia appena assunta, vittima delle angherie più tremende da parte di cuochi e inservienti da cucina, piange e si dispera, subisce spintoni e maltrattamenti ma, poi, si riscatta con un gran manrovescio che colpisce il viso del più sfrontato e provocatore di tutti. Due tedeschi aiuti cuochi e un ebreo pasticcere che più diversi non si può, laddove il dramma abita nell’uno come nell’altro versante, perché la vita massacra come una mannaia con i suoi eventi imprevisti. Mogli che tradiscono e fanno sanguinare ferite affettive mai rimarginate; amori extraconiugali che procurano più dolore dei primi perché talvolta gli amanti sono agenti doppi: ti fanno credere nell’amore ma poi scelgono sicurezza e denaro.

Così Binasco costruisce per alcuni suoi personaggi scatole ergodiche per catturare il sonno da single o per parlare d’amore in coppia. Come nel mondo di fuori, anche in quello di dentro tutti sanno tutto ma si abbandonano all’omertà, per cui la violenza diventa un fatto privatissimo, anche se commessa in pubblico. Ma, poi, gli uomini che si combattono con insulti e percosse anche feroci finiscono per volersi bene e rispettarsi quando il dramma bussa implacabile alla loro porta. Tutto entra ed esce, a volte solo in parte e a fatica. Mentre un cuoco di stazza, nuovo di zecca nell’ambiente, rischia di soffocare nel suo sudore per aver scelto proprio il venerdì per entrare per la prima volta in quella Cucina, essendo così obbligato a preparare quintali di pesce, un altro più anziano per distrazione si ustiona le guance con il vapore ma non va a farsi curare d’urgenza, perché un eventuale ricovero lo allontanerebbe da quello che è diventato il solo luogo in cui può esistere e abitare. Tutti sopportano qualsiasi cosa gli venga dai propri vicini di banco e mai per denaro. Soltanto per stare, appunto, a modo loro, dentro l’avventura della vita, aspettando le stranezze e gli stimoli del mondo di fuori e di quello di dentro, in un tourbillon frenetico di ordini e preparazioni di piatti che favorisce il sonno della ragione e fa dimenticare le pene. Perché, poi, gli uomini non sanno più gustare le cose buone di un tempo!

(*) Per info, biglietti e prenotazioni: Teatro Eliseo

 

 

 

 

Aggiornato il 03 maggio 2018 alle ore 19:02