Nelle mani di Dio. Che poi a ben vedere è… “Nelle tue mani”! Così il titolo del film francese omonimo, nelle sale italiane dal 27 dicembre, diretto da Ludovic Bernard, per l’interpretazione di Lambert Wilson (Pierre, il direttore del Dipartimento musicale del conservatorio), Kristin Scott Thomas (una favolosa “contessa” maestra di musica per il terzo e ultimo ciclo del Conservatorio), Jules Bencherit nella parte del protagonista geniale Jules.

Un meccanismo perfetto, sul canone stilistico di “Quasi nemici”, dove ancora una volta il protagonista è un disadattato delle banlieue che ha amici mariuoli tra gli immigrati di terza generazione. Come pure nera, un incanto di ragazza, è Anna (Karidja Tourè), violinista studentessa dell’Accademia di musica. Un ritmo orgiastico di bellissima musica classica per pianoforte e orchestra, dove tiranneggia uno dei più difficili componimenti per piano di Rachmaninov. La storia di incontri, delusioni, ferite all’amor proprio e rancori giustificati per una vita dal tempo breve, procede in un movimento “vivace”, mai urticante e piuttosto moderato nel descrivere un degrado giovanile fatto di furti in appartamento, spaccio d’erba e contrabbando di sigarette. Periferie degradate in cui però sopravvivono tracce sensibili dello spirito comunitario e di gruppo che non creano santi, ma nemmeno grandi criminali.

L’ispirazione nasce quando il regista si trova alla Gare de Bercy per prendere un treno che lo riporta a casa e si accorge di un piano che la municipalità ha voluto gratuitamente offrire ai suoi cittadini, opportunità colta al volo da un giovane sconosciuto che suona Chopin (Liszt nel film). Se il maestro insegue l’allievo, mettendo in gioco tutto se stesso e la sua carriera per redimerlo e farne risaltare il genio indiscusso ancora acerbo, il vero stalker di entrambi e della contessa è il demone della Musica, la protagonista esclusiva della storia. Un Duende che ti possiede al di là di ogni possibile resistenza caratteriale e psicologica: un fluido immateriale totalizzante che ti toglie il respiro e ti fa correre a perdifiato verso la rinascita. Ma, come ogni cosa umana, dietro il riscatto raggiunto c’è sempre qualcuno che crede in te, ben al di là di quanto tu sappia fare per te stesso. Ti dà forza, convinzione e saggezza, nel suo e finalmente nel tuo sacrificio. Darsi è assai più difficile che ricevere doni. Malgrado il pericolo, il Duende è la tastiera di un piano prezioso di una casa borghese violata che ti attira come un magnete del tempo e dello spazio, per cui le tue dita si muovono mute come quelle sui finti tasti del ripiano di legno di un Beethoven geniale rimasto completamente sordo.

Il suono, in realtà, è una straordinaria codificazione della Mente che ci fa competere fino alla fine con quel Dio “che gioca a dadi”, perché nello spazio-tempo della nostra vita tutto è densità di probabilità. Il Male e il Bene, elementi di chiusura della “Boucle” esistenziale in cui la fine è sempre un inizio. La vita che va e quella che viene. In un movimento cosmico incessante, perfettamente rappresentato da quello che è l’unico vero linguaggio universale per ogni essere senziente: la Musica. Malgrado l’orecchio assoluto, occorrono immensi sacrifici per onorane il mistero capriccioso: decine di ore a esercitarsi per ogni giorno che Dio ti ha dato. Poi, ecco che rotola il “Sei” pieno ai dadi del Destino: un maestro di musica tanto buono quanto colto, che accompagna l’infanzia di un bambino povero e dotato di un talento straordinario, con una madre che si strazia di fatica in un’impresa di pulizie per dare un tetto ai suoi tre figli piccoli. Succede, a volte, che ciò che la morte cancella la vita lo restituisca sotto altre forme. Accade che il talento sia come un fulmine partorito dall’addensarsi di grandi corpi nebulosi altissimi e oscuri, e che la sua luce accecante folgori nell’attimo della rivelazione tutti coloro che ne rimangono colpiti. Movimento è vita, e viceversa!

Aggiornato il 13 dicembre 2018 alle ore 11:35