Applausi a Riondino nel classico di Bulgakov all’Eliseo

Dov’è la Verità? Costantemente sospesa tra cielo e terra, a quanto pare. Anzi: nel Limbo. Esattamente a quanto accade a Pilato, la cui liberazione dall’ossessione eterna di essere responsabile di deicidio è affidata all’epilogo mai scritto di un libro incompiuto dato alle fiamme dal suo misterioso autore smemorato: Il Maestro, giudice e vittima di se stesso per aver osato attaccare il potere. Ma c’è un luogo, una dimensione dell’Altrove e dell’Aldilà, un Archivio soprannaturale che ricorda, elenca, cataloga della vita di ogni persona tutte le parole da lui dette e scritte: né un solo suo gesto o pensiero viene mai dimenticato per l’eternità. E chi ha i poteri del “pontiere” tra realtà presente e spazio della trascendenza, ebbene costui può restituirvi la vostra opera facendola rinascere dalle sue ceneri. Lui è “Wolan”, ovvero Satana ridisceso sulla terra alla ricerca di una regina della festa per celebrare come ogni anno il suo Sabba.

Così, nel ricordare la grande opera di Michail Bulgakov, il Teatro Eliseo nella riscrittura di Letizia Russo e per la regia di Andrea Baracco, presenta fino al 3 febbraio l’entusiasmante spettacolo di “Il Maestro e Margherita” comprimendo prodigiosamente in due atti il mondo complesso e saturo di veleni della Russia sovietica degli anni Trenta del secolo scorso.

La scena evoca lo spazio dell’Ade che ospita e decanta la morte di tutti i desideri lascivi e sconci che nascono dalle tre “Esse” demoniache: Sesso, Sangue, Soldi, altrettanti diavoli impuri e magici che abitano perennemente il Palazzo del Potere che domina il mondo mortale. Lì in quel luogo delle anime perdute è predisposta per loro un’espiazione perpetua spietatamente amministrata dal Signore della Notte, Woland o Satana (interpretato da un ispirato e bravissimo Michele Riondino) che scende sulla Terra accompagnato dai suoi servi fedeli, tra cui il grosso gatto Behemoth (Giordano Agrusta, sferico e agile), la strega Hella (Carolina Balucani) e il maggiordomo Korov’ev (Alessandro Pezzali). Le pareti della rappresentazione tappezzate di lavagna sono scure come la notte, con porte a scomparsa a fil di muro che si aprono e chiudono all’entrata e uscita di scena dei mille personaggi, così animati dalle fatiche multiruolo della maggior parte degli attori in scena. Margherita (Federica Rossellini) ci appare assai più tardi mentre le atmosfere moscovite prendono il sopravvento, con le loro coorti di personaggi corrotti, burocrati di Partito, che fanno e disfano a loro piacimento il destino dei sudditi, incarcerando o rinchiudendo in manicomio con accuse e diagnosi infondate i dissidenti e i diversi.

Come Ivan il Poeta e il Maestro. Con il primo che mette in dubbio la vita di Cristo e il secondo che ha scritto un libro pericoloso e lo ha bruciato per cancellarne le tracce. Sarà Woland a chiarire al primo come stanno veramente le cose, perché lui “c’era” migliaia di anni fa e può fare da testimone. Per Diavolo interposto, Bulgakov si vendica dei soprusi del regime, tagliando la testa al responsabile di una famosa casa editrice sovietica e facendo impazzire sia il direttore che il responsabile della contabilità del teatro moscovita, in cui si rappresenta uno spettacolo di magia interpretato dagli strani accompagnatori di Wolan. Molto interessante è la resa scenica del maleficio che muta Margherita in regina delle streghe, affinché possa officiare al gran galà annuale offerto da Wolan. Ma chi è Margherita? Il simbolo perfetto dello Yin in comunione indissolubile con lo Yang: una potente miscela di Male e Bene, dell’amore assoluto per il Maestro a prezzo dell’infedeltà totale verso il proprio marito. Lei è la sintesi preferita da Wolan, per cui è necessario il Male per far apparire il Bene e la “Libertà”, oggetto pluriverso creato da Satana, è lo strumento della mente che è in grado di far apparire l’uno nell’altro, che arriva a uccidere pur provando un amore grandissimo per la sua vittima.

Aggiornato il 24 gennaio 2019 alle ore 18:46