Non ci si abitua mai ai viaggi nei quali Lucrezia Lerro ci accompagna prendendoci per mano, esplorando i labirinti del pensiero. Questa volta lo fa con un libro che vuole far emergere in tutta la sua incompresa complessità, la tempesta ormonale, le emozioni che solo chi le vive ne comprende l’escalation emozionale; un turbinio che sfocia a volte in proprie e vere esplosioni. Molte storie di donne di differenti classi sociali che si confrontano con lo stesso problema che è il problema di tutte le donne, i giorni delle mestruazioni; incomprese, con superficiali considerazioni messe in disparte senza che possano condividere il loro malessere, soprattutto da chi gli vive più accanto e in quei giorni sa solo allontanarsi.

Il sangue matto, l'ingarbugliato filo che lega molte storie di donne, il periodo premestruale che altera la vita delle protagoniste e della maggior parte delle donne; ogni mese storie per le quali Lucrezia Lerro ha cercato risposte. Trovate?

Sì, alcune risposte le ho trovate grazie ai racconti delle donne che ‘vivono’ nel romanzo. Non mi aspettavo delle risposte dal mondo maschile, altrimenti mi sarei dovuta arrendere subito e non avrei scritto “Il sangue matto”. È uscito da pochi giorni, e in nuova versione, per La Nave di Teseo. La copertina è bellissima, vero? Ci tengo a sottolinearlo perché è stato amore a prima vista.

Lo sconvolgimento ormonale che altera equilibri di coppie, amici, figli, persone e comunità che spesso reagiscono con le incomprensioni e colpevoli alzate di spalle. Ha trovato spiegazioni psicofisiche, le ha analizzate scientificamente?

La gestazione del libro è stata lunghissima e dolorosa. Ho studiato tanto. E poi, il tema è dei più complessi e la gente non sempre è aperta al superamento dei tabù. Il ciclo mestruale è ancora un tabù. È un’evidenza indiscutibile. Liberiamo il sangue buono, parliamone di più, perché il sangue matto è vita, è la possibilità di darla. 

Storie di esplosioni anche violente trovano riscontro temporale in quei giorni, andare in analisi?

Percorrere la strada che porta a se stessi, alla conoscenza di sé è sempre un auspicio. Ammettere di avere un problema è un passo importante per tentare una cura. 

Prendere farmaci? Un diluvio nel quale trovare una scialuppa, lei è riuscita a salirci?

La farmacoterapia la prescrive lo psichiatra che può diagnosticare il disturbo disforico premestruale o altro. Può aiutare molto in alcuni casi. Siamo corpo e anima. Chimica e spirito. So che è difficile accettarlo, ma la realtà non può essere negata. Bisognerebbe frequentarla attivamente per tentare di superare gli ostacoli e per poter vivere meglio.

Aggiornato il 08 maggio 2020 alle ore 13:53