Visioni. “Belfast”, il miglior film della stagione

Il miglior film della stagione. Insieme a Drive my car di Ryūsuke Hamaguchi. Belfast di Kenneth Branagh (premiato con un Oscar e un Golden Globe alla Migliore sceneggiatura originale) è indubbiamente il capolavoro dell’anno. Il diciottesimo lungometraggio dell’attore-regista britannico è un ispirato Amarcord sull’infanzia vissuta nella capitale dell’Irlanda del Nord. Un racconto di formazione attraversato da violenza, tenerezza, amore, orgoglio e sensualità. La narrazione sposa il punto di vista di Buddy (Jude Hill), un bambino di 9 anni, che risiede in un quartiere operaio di Belfast, con la madre (Caitríona Balfe) e il fratello maggiore (Lewis McAskie), nel tumultuoso 1969. Durante il cosiddetto The Troubles, il conflitto nordirlandese tra unionisti e repubblicani. La famiglia è protestante, ma vive in armonia con i vicini di casa cattolici. Eppure c’è chi i cattolici li considera nemici giurati e infiamma le strade del quartiere alimentando il conflitto religioso. La famiglia di Buddy attende con ansia il ritorno quindicinale da Londra del padre carpentiere (Jamie Dornan). Emigrare non è una tentazione, ma una necessità. Si può abbandonare la propria terra, il proprio popolo, i propri affetti (gli amati e filosofici nonni) e i propri amori (la bionda compagna di classe cattolica Catherine), la propria religione (i terribili discorsi del pastore protestante) per cambiare vita?

Kenneth Branagh mette in scena un racconto sincero. Non dà risposte, non esprime giudizi, non rivendica posizioni morali. Dedica, infatti, il proprio gioiello cinematografico “a chi è rimasto, a chi se n’è andato e a chi si è perso”. D’altronde, l’infanzia è il tempo dell’epica, delle “avventure”, dei primi sussulti sentimentali, delle risate, dell’allegria, delle lacrime, persino dei furti inconsapevoli. Per queste ragioni, la macchina da presa di Branagh sceglie coerentemente le inquadrature dal basso. Dalla prospettiva di Buddy. Non si tratta di un eccesso didascalico. È una scelta di campo. Etica ed estetica. A differenza del modello felliniano (un capolavoro a colori), Branagh sceglie un pastoso bianco e nero firmato dal direttore della fotografia cipriota Haris Zambarloukos. Salvo virare sui colori caldi del cinema e del teatro (non la televisione). Buddy, infatti, si rifugia a teatro, con la nonna, per assistere allo spettacolo teatrale tratto dal Canto di Natale di Charles Dickens. Spesso si ritrova davanti a uno schermo, piccolo o grande, per ammirare rapito i Western d’autore come Mezzogiorno di fuoco (1952) di Fred Zinnemann e L’uomo che uccise Liberty Valance (1962) di John Ford o il musical Chitty Chitty Bang Bang (1968) di Ken Hughes o il preistorico Un milione di anni fa (1966) di Don Chaffey, con una giunonica Raquel Welch. Buddy, come Branagh, rifugge i conflitti, le tasse, la malattia, la violenza per abbracciare, letteralmente, il racconto orale dei nonni, il racconto dal vivo (teatrale), il racconto per immagini (cinematografico). In una parola, cerca il fascino dell’affabulazione. La vera passione dell’autore.

Eccezionale la direzione degli attori. Tra gli ottimi interpreti, si stagliano i teneri nonni, interpretati magistralmente da Judy Dench e Ciarán Hinds. Ma vanno, senz’altro, sottolineate le prove di Jude Hill, il giovane protagonista, di Caitríona Balfe (la madre) e di Jamie Dornan (il padre). Branagh si è già cimentato con la bicromia nel 1995, con una splendida commedia, Nel bel mezzo di un gelido inverno. E proprio questa riflessione porta a una considerazione inevitabile. Laurence Olivier è il mito dichiarato del cineasta. Non a caso, Branagh è stato allievo del grande interprete shakespeariano. Eppure, proprio quando si allontana dalla rappresentazione del testo teatrale, del romanzo giallo o della narrativa fumettistica, e fa i conti la propria autobiografia e con il proprio disincantato umorismo, Branagh assurge al rango di autore tout court.

(*) “Visoni” si ferma per la pausa estiva. La rubrica sul mondo delle espressioni visive torna venerdì 2 settembre. 

Aggiornato il 29 luglio 2022 alle ore 19:03