Da alcune settimane l’Europa, oltre alla pandemia, stava vivendo sotto traccia un altro incubo: quello della sua deflagrazione. Il principale azionista dell’Unione europea, la Germania era infatti sotto la spada di Damocle della Corte Costituzionale tedesca che si doveva pronunciare, sulla legittimità della Banca centrale europea di acquistare titoli degli Stati membri in difficoltà nell’ambito del Quantitative easing. In particolare la decisione della Corte riguarda la partecipazione della Germania al programma di acquisti, una partecipazione mai approvata dal Parlamento tedesco. Il timore di una sentenza negativa aveva fatto salire la tensione in Germania soprattutto perché su di essa sarebbe ricaduta la responsabilità dei gravi effetti sull’euro e sull’Europa.

Per questo negli ultimi giorni è arrivato il forte monito del presidente della Repubblica tedesca Frank-Walter Steinmeier a quanti in Germania guardano “soltanto al nostro interesse economico nazionale”. Pensare che si volesse rivolgere ai giudici della Corte sarebbe pleonastico ma è stato un segnale di sostegno alla politica di Angela Merkel in favore di una vera solidarietà europea che si oppone a quanti in Germania invocano maggiore autonomia per il Paese più grande ed importante dell’Europa, molti dei quali si trovano nello stesso partito della cancelliera.

Alcuni di questi infatti si erano opposti all’iniziativa avviata da Mario Draghi di acquistare titoli degli Stati europei in difficoltà prima nel 2012 e poi con il Quantitative easing nel 2015 e avevano sollecitato un intervento della Corte costituzionale tedesca, mettendo in difficoltà la Merkel. La Corte costituzionale tedesca ha rinviato la questione alla Corte di giustizia Ue che ha espresso parere favorevole sulla costituzionalità dei due programmi della Bce. Ieri mattina la sentenza della Corte Costituzionale, ribaltando il verdetto della Corte di Giustizia europea, ha giudicato il Quantitative easing sproporzionato rispetto alle politiche fiscali degli Stati membri e ritiene grave che non sia mai stato sottoposto al Bundestag, al quale chiede di pronunciarsi in merito.

Chiede soprattutto alla Banca centrale europea di rivedere entro tre mesi il meccanismo del Qe e giustificare la presenza dei vari Paesi ed in particolare della Germania nel programma di acquisto dei titoli. In caso contrario la Bundesbank dovrà ritirarsi dal Qe e vendere i titoli finora acquistati. In serata sia la Commissione europea sia la Bce hanno replicato ai giudici costituzionali tedeschi difendendo il proprio operato. È chiaro che la sentenza, pur non avendo ad oggetto il piano varato di Christine Lagarde per la lotta alla pandemia da coronavirus, condizionerà il comportamento della Germania già abbastanza divisa, come traspare stamattina dalle prime pagine dei maggiori quotidiani tedeschi.

Anche molti analisti e politici europei, tra i quali Romani Prodi sulla Stampa, leggono la sentenza della Corte tedesca come una presa di distanza dall’Ue. È lapalissiano quindi che la sentenza della Corte rappresenti un vero e proprio attacco alla Merkel e metta in risalto l’immagine che si ha oggi dell’Europa: quella di una locomotiva che quotidianamente si dibatte nel dilemma se abbandonare al proprio destino gli altri vagoni del treno.

Aggiornato il 06 maggio 2020 alle ore 12:08