Il costo della sfida elettorale

Il governo Lega-M5S ha deliberatamente messo tutti, Unione europea compresa, in un vicolo cieco: una manovra espansiva senza una crisi in corso, che superasse sfacciatamente i parametri europei, non poteva non essere bocciata dalla Commissione.

La ragione non sta solo nella “inadempienza particolarmente grave” che era già stata riscontrata, e sulla quale Bruxelles aveva chiesto chiarimenti ricevendo una sostanziale indisponibilità al dialogo. Alla radice della decisione “senza precedenti” comunicata dai Commissari Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici c’è soprattutto “una questione di fiducia. Se viene erosa, ne sono danneggiati tutti gli Stati membri e la moneta unica”. In sostanza, il cartellino rosso è stato alzato perché il governo ha deciso di andare “apertamente e consapevolmente contro gli impegni”.

La gravità della questione non sta allora solo nel mancato rispetto delle regole, ma nella volontà politica di andarvi contro. Il fiscal compact (che abbiamo sottoscritto) ci obbliga a convergere, attraverso un percorso concordato di riduzione del deficit, verso un rapporto debito/Pil pari al 60 per cento. La scelta italiana di deviare da tale percorso dipende dalla ostentata volontà di adottare misure (reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero) che solo secondo il Tesoro stimoleranno la crescita, ma che, secondo tutti gli altri osservatori nazionali e internazionali, pubblici e privati, avranno se va bene meri effetti redistributivi, se va male effetti negativi rispetto alla crescita. Il Governo sta sostanzialmente sfidando l’Ue. Andare contro le regole non è una novità, in un’Europa dove tanti hanno negoziato deroghe e sconti. Ma sbandierare la propria volontà di ignorarle lo è, come lo è la formale contestazione della Commissione, necessitata, appunto, dall’atteggiamento del Governo.

Lo Stato italiano ha tre settimane per riportare il progetto di bilancio in linea con gli accordi sottoscritti con l’Unione. Se non lo dovesse fare, si potrebbe aprire una procedura per deficit eccessivo, che potrebbe concludersi con la comminazione di una multa. Un percorso ancora inesplorato, nei suoi esiti più estremi.

Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno già anticipato di non voler cedere, anticipando così la loro campagna elettorale per le europee. Ma in che condizioni può arrivarci, il Paese, alle elezioni europee?

Potrebbe essere il Parlamento, se si iniziasse l’iter di approvazione del bilancio, a cercare un riallineamento con i patti europei. Nella sua apparente inflessibilità, la scelta della Commissione potrebbe dare, in sede parlamentare, un’altra chance allo Stato. Nel corso dell'approvazione della legge di bilancio, il Parlamento, se davvero rispecchiasse l'interesse generale, potrebbe riallineare lo Stato agli impegni che esso stesso, vale la pena ribadirlo, ha assunto in sede europea. Alla maggioranza di governo, però, non interessa ricucire lo strappo. D'altronde, se la soluzione fosse quella che molti hanno in mente, cioè una patrimoniale, cadremmo dalla padella nella brace. L’unica morale, per ora, è che l’effetto immediato e concreto di questo braccio di ferro è la crescente sfiducia verso il nostro Paese, che si sostanzia nell'aumento del costo dello spread. Costo che non ha bisogno di attendere l’avvio della procedura di infrazione.

(*) Editoriale a cura dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 24 ottobre 2018 alle ore 10:58