I russi di Putin come i serbo-bosniaci di Karadžić e Mladić

La guerra, anche quando si esauriscono tutte le possibilità di confronto diplomatico ed essa diventa inevitabile, è sempre un pessimo affare. La guerra è sempre brutta ed è quasi banale sottolineare una cosa del genere. Del resto, a chi può piacere un conflitto armato? Solo i serial killer provano godimento nell’uccidere, ma si tratta di persone mentalmente malate, eppure negli scontri fra eserciti o casa per casa viene fuori talvolta il peggio di persone ritenute sane di mente fino a poco tempo prima. Le guerre, anche per chi ne esce poi vittorioso, provocano lutti, civili e militari, distruzione di città e infrastrutture, danni economici rilevanti.

Oltre alle tante atrocità, non sempre la verità riesce a venire a galla perché spesso l’informazione deve cedere il passo alla propaganda di una o di entrambe le parti in causa. Si combatte con le armi, ma anche con le bugie. L’aggressione russa all’ucraina è almeno caratterizzata da alcuni punti fermi, incontestabili, al netto di chi si ostina ancora, per una radicale convinzione ideologica, per malafede o per ingenuità, a giustificare in qualche modo le scelte di Vladimir Putin. È giusto, per carità, coltivare sempre il dubbio e voler approfondire con la propria testa le notizie, ma fin dall’inizio del tentativo scellerato di invasione deciso dal Cremlino un aspetto fondamentale è stato costantemente chiaro e piuttosto difficile da essere interpretato in più modi. Ovvero, la natura del tutto illegittima dell’intervento militare voluto da Putin, che ha violato illegalmente i confini di un Paese sovrano. Stanno emergendo adesso, dopo più di quaranta giorni di presenza delle truppe russe in territorio ucraino, prove e testimonianze di efferate brutalità commesse dai soldati di Vladimir Putin ai danni dei civili. Uccisioni a sangue freddo di persone inermi, anche di bambini a quanto pare, stupri, torture. Tali atrocità sono venute e stanno venendo alla luce in quei centri urbani, per così dire, satelliti di Kiev, facenti parte dell’Oblast, la regione, della capitale ucraina. Città come Bucha, Irpin, Borodyanka e Makariv, diventate tristemente famose in tutto il mondo.

Come è noto, i russi si sono ritirati da questi luoghi e nel momento in cui le autorità ucraine e i media internazionali hanno potuto accedervi, beh, si sono imbattuti nell’inferno. Le truppe “zeta”, prima di andarsene, hanno voluto lasciare qualche macabro ricordo, e anche qui ci sono più certezze che dubbi. Immagini satellitari, video di droni, prove esibite da media indipendenti, finanche russi come Meduza, testimoniano come i cadaveri giacessero sulle strade, in particolare nel caso di Bucha, già da prima della liberazione di queste località. Perciò, i crimini sono avvenuti durante l’occupazione russa delle periferie di Kiev. Del resto, serve più a Putin che a Volodymyr Zelensky spargere terrore presso la popolazione. La guerra, per quanto sia un avvenimento drammatico e terribile, dovrebbe avere, una volta li aveva, dei limiti, dei paletti, ma se si decide di accanirsi deliberatamente contro i civili e i disarmati di ogni genere, saltano tutte le regole e diventa fattibile qualsiasi nefandezza.

Le azioni dei russi in Ucraina ricordano in buona parte le gesta dei serbo-bosniaci comandati da Radovan Karadžić, presidente della Repubblica serba di Bosnia, e Ratko Mladić, capo militare, e sponsorizzati da Slobodan Milošević, durante l’assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1996. Allora, un po’ come i russi di oggi nelle principali città ucraine, i serbo-bosniaci, nella cornice di tutte le tensioni della moribonda Jugoslavia, assediarono pesantemente la città di Sarajevo, ne distrussero la maggioranza degli edifici e conquistarono importanti postazioni militari, ma non riuscirono a espugnarla in maniera totale. Diedero così vita a una sorta di guerra punitiva, massacrando innocenti attraverso la pulizia etnica. Srebrenica rimarrà una delle pagine più buie della storia europea.

In conclusione, chi scrive fa propria la lettera al direttore di Pietro Di Muccio de Quattro, pubblicata da L’Opinione l’8 aprile scorso. Non ci devono essere dubbi su quale parte appoggiare in questo conflitto, a maggior ragione dopo i fatti di Bucha e di altri luoghi simili.

Aggiornato il 12 aprile 2022 alle ore 09:51