I fallimenti di Schlein, un Pd senza strategia e con tattiche mediocri

Ci si sente quasi dei maramaldi a cercare di ragionare del Partito democratico e della sua segretaria Elly Schlein. Ma se si trovano nella situazione di Francesco Ferrucci è solamente, unicamente per loro responsabilità. Nessuno li ha costretti a infilarsi nel vicolo corto (e cieco) in cui si sono imbottigliati. Se Schlein è circondata di personaggi privi di spessore, visione, capacità, personalità, è perché lei se li è scelti e voluti. Se si ostina a proporre e inseguire intese e alleanze al ribasso e in subordine, è sempre sua la responsabilità. Se assume decisioni tardive e in solitudine, è perché è ancora lei ad avere riflessi lenti, inadeguati. Nulla ha imparato dalla prima esperienza elettorale: le rovinose elezioni per il collegio di Monza, dove ha scelto in solitudine e contro il suo partito un candidato esterno al partito, ottenendo come risultato non solo il trionfo del candidato avversario, Adriano Galliani, ma la sconfessione dei suoi stessi compagni, in primis in sindaco della città. Quel “raccolto” è frutto della sua “semina”, suo il “merito” dell’impresa.

Nessuna strategia, pessima tattica: questo il bilancio della segreteria Schlein. In Abruzzo è andata come è andata. In Sardegna non ha torto chi obietta: presidente della Regione una candidata capace, ma pur sempre indicata dal Movimento 5 stelle, e numericamente parlando, premiata comunque la coalizione di destracentro. Altri rovinosi risultati si attendono in Basilicata e Piemonte, fino al traguardo delle elezioni europee. Non parliamo poi dell’attività politica quotidiana. La differenza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein è questa: quando Meloni era all’opposizione, ha saputo tesaurizzare senza muovere un dito. Oggi che all’opposizione c’è Schlein sa dilapidare senza muovere un dito. La cosa più avvilente e sconcertante è l’insistere, caparbia e ostinata in quella che si vorrebbe spacciare in alleanza politica con il M5s. Un “progetto” (parola grossa) senza visione, priva di ideali e prospettive, con vaghi, impalpabili obiettivi. A Bari e a Torino (ma prima in Basilicata) si frantuma il sogno di Schlein; a vibrare la coltellata Giuseppe Conte, ad armarlo la stessa Schlein. Riesce a fare benissimo tutte le cose sbagliate. Siamo arrivati al punto che Conte detta le condizioni per quello che Schlein deve fare nel suo partito… Si sente un Brenno che impone il suo Vae victis.

Che l’azione, il comportamento politico di Conte e del suo movimento siano improntati a calcolo, propaganda di pancia stile Lega Salvini, cinico disinteresse per quel che riguarda le esigenze del Paese, non sono cose dell’oggi. È questo che cementa il M5s dal tempo del “vaffa” di Beppe Grillo. Si può concedere l’attenuante che non solo Schlein si dice convinta dell’ineluttabilità dell’alleanza: la teorizzano, l’hanno teorizzata, Pier Luigi Bersani e Goffredo Bettini, Nicola Zingaretti e Massimo Cacciari; ma “errore” comune non costituisce alcun gaudio; soprattutto non è una buona politica. Fatto è che è fallimentare l’alleanza Pd-M5s; e da “destra” si è riusciti nell’impresa di mettere d’accordo Azione e Italia viva: Carlo Calenda e Matteo Renzi sono in dissenso su tutto e non si risparmiano nulla, ma su una cosa concordano: nell’insulto e nella polemica feroce nei confronti del Pd.

A sinistra c’è un vuoto fatto di nulla: opportunismo e spregiudicata occupazione di postazioni di potere. La rovina del Pd può lasciare tutto sommato indifferenti, non fosse che non fa bene alla democrazia e neppure a chi governa (e tantomeno al Paese) avere una simile maldestra, incapace opposizione. Ci si può anche augurare la disintegrazione del Pd, nato male, vissuto peggio: non fosse che in natura e tantomeno in politica, il vuoto non esiste; da cosa possa essere colmato è motivo di inquietudine. Ci si sente come la vecchietta che per esperienza giunge a piangere la morte di Nerone. È condizione disperante. La colpa maggiore, e imperdonabile, di Schlein.

Aggiornato il 09 aprile 2024 alle ore 09:13