Nato e Afghanistan, separati in casa

Le operazioni congiunte fra Nato ed esercito regolare afgano saranno ridotte. Saranno limitate solo alle azioni medie e grandi, dal livello di battaglione in su. Le pattuglie miste saranno attentamente valutate caso per caso. Lo ha deciso il comando dell’Alleanza Atlantica dopo aver subito ben 51 morti (solo quest’anno), uccisi da poliziotti o militari di Kabul. Una prima impennata di violenze e scontri “green on blue” (verde su blu, con cui si indica il fuoco amico degli alleati sui nostri) si era registrata già a febbraio e marzo scorsi, dopo lo scandalo del presunto rogo del Corano nella base statunitense di Bagram.

In questi giorni, dopo l’inizio delle sollevazioni nel resto del mondo islamico, si contano già 4 soldati americani e 2 britannici assassinati. La tendenza è molto negativa. Si erano registrati appena 2 morti per incidenti “green on blue” nel 2007 e altrettanti nel 2008, poi il numero era salito a 10 morti nel 2009, 20 nel 2010 e 35 nel 2011. Quest’anno, con i suoi 51 morti, è il peggiore. La missione Isaf (a guida Nato) esprime “frustrazione” per l’incapacità del comando di Kabul a contenere incidenti simili. I Talebani sono sempre più abili ad inserirsi nei ranghi dei regolari afgani. A marzo, quando si verificò la prima impennata di omicidi, un generale afgano rivelava alla stampa che le tecniche di penetrazione degli jihadisti fossero diventate molto più sofisticate. Ma, come ammetteva lo stesso generale Hamid: «Una delle cause del successo dell’infiltrazione del nemico è anche una nostra carenza nell’accertare l’identità delle nuove reclute».

E proprio mentre l’Alleanza Atlantica annunciava le sue contromisure, all’aeroporto di Kabul, i Talebani (in modo scoperto, non travestiti da soldati), facevano esplodere un pulmino di lavoratori stranieri, uccidendone almeno 12. L’ennesimo episodio di sangue in una guerriglia che sta compiendo il suo 11mo anno.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:37