Erdogan se la prende con i social network

Terza notte consecutiva di scontri, quella di domenica, a Istanbul e ad Ankara. La polizia è tornata a disperdere i manifestanti in piazza per contestare il governo di Recep Tayyip Erdogan. I medici turchi hanno dichiarato la "morte cerebrale" per un giovane ferito da un colpo d'arma da fuoco alla testa durante le proteste ad Ankara. Lo ha riferito il segretario generale della Fondazione turca per i diritti umani, Metin Bakkalci, da Ankara. «Il giovane si chiama Ethem Sarisuluk ed è stato raggiunto da un colpo di pistola alla testa. Si trova in stato agonizzante e i medici hanno dichiarato la sua morte cerebrale», ha spiegato Bakkalci. La sede di Amnesty International che si trova vicino a piazza Taksim, a Istanbul, ha aperto le sue porte ai manifestanti feriti, trasformandosi in una sorta di "pronto soccorso". Lo ha reso noto la stessa organizzazione sul suo sito Internet, tramite il quale ha rivolto un appello alle autorità turche affinché mettano immediatamente fine all'uso eccessivo della forza da parte della polizia.

Lo stesso Erdogan aveva ammesso sabato che gli agenti avevano fatto un uso sproprozionato di gas lacrimogeni e il ministero degli Interni aveva annunciato l'apertura di un'inchiesta in merito. Nonostante questo, gli scontri sono continuati. Amnesty International ha denunciato che i gas lacrimogeni, sparati ad altezza uomo e in spazi ristretti, compreso l'ingresso del pronto soccorso di piazza Taksim, hanno causato il maggior numero di feriti. Amnesty ha inoltre ricevuto informazioni di molte persone arrestate e trattenute anche per 12 ore a bordo dei veicoli della polizia, senza acqua e cibo e senza poter usufruire di servizi igienici. Numerosi manifestanti sarebbero stati sottoposti a maltrattamenti al momento dell'arresto e dopo essere stati trasferiti nei commissariati di polizia. Da una manifestazione pacifica per contestare l'abbattimento di una vasta area verde a Istanbul in vista della costruzione del terzo ponte sul Bosforo, la protesta ha assunto un carattere più politico, con i contestatori che si sono rivolti direttamente a Erdogan definendolo un "dittatore" e chiedendo le sue dimissioni. «Dittatore, dimettiti! Noi resisteremo fino alla vittoria», hanno urlato i manifestanti mentre continuavano gli scontri con le forze dell'ordine che, secondo dati ufficiali, hanno portato al ferimento di 58 civili e 115 agenti. Un numero decisamente più alto per le fonti mediche di Ankara, che parlano di almeno 400 civili feriti.

Erdogan, che ha tenuto tre discorsi pubblici in tre giorni, ieri ha respinto le accuse di essere "un dittatore" e si è rivolto direttamentr ai manifestanti: «Se voi amate questo Paese, se amate Istanbul, non cadete in questi giochi, condotti da una frangia estremista». Ben poco della protesta, comunque, si è visto sui media turchi, in particolare sulle emittenti televisive, mentre un ruolo determinante nel diffondere le informazioni in merito lo hanno avuto i social media Facebook e Twitter. Tanto che, secondo Erdogan, «ora c'è una nuova minaccia che si chiama Twitter. Le bugie migliori si possono trovare qui». «Per me - ha concluso Erdogan - i social media sono la peggiore minaccia della società».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:44